• Lv 19,1-2.17-18 – Ama il tuo prossimo come te stesso.
• Dal Salmo 102 – Rit.: Il Signore è buono e grande nell’amore.
• 1 Cor 3,16-23 – Tutto è vostro, ma voi siete di Cristo, e Cristo è di Dio.
• Canto al Vangelo – Alleluia, alleluia. Le tue parole, Signore, sono spirito e vita. Tu hai parole di vita eterna. Alleluia.
• Mt 5,38-48 – Amate i vostri nemici.
PER COMPRENDERE LA PAROLA
Il comandamento dell’amore del prossimo è il punto nodale di queste letture (Lv 19,18 = Mt 5,43). Nel Vangelo si presenta senza alcuna restrizione: «Amate i vostri nemici». L’amore fraterno ha in Dio la sua motivazione. L’amore è ritorno alle sorgenti: «Siate santi, perché io, il Signore Dio vostro, sono santo»; «Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste».
PRIMA LETTURA
Il Levitico riunisce leggi e osservanze molto antiche. La «legge di santità» (Lv 17-26) non è una semplice compilazione di diverse prescrizioni rituali e morali, essa è piuttosto un insieme di risposte alla domanda: in che modo l’uomo peccatore può incontrare il Dio santo? La chiamata alla santità è ripetuta come un ritornello costante: «Siate santi, perché io, il Signore Dio vostro, sono santo» (19,2; 20,7.26; 21,6; 22,2). Questa lettura può sembrare sorprendente nel Levitico. Essa ricorda l’esigenza della carità; non ci sia odio, né rimprovero, né vendetta, né rancore, ma una sola misura: «Amerai il tuo prossimo come te stesso». Questo comandamento sarà ripreso da Cristo (Mt 22,39); è un amore attivo che non si riduce a una falsa tolleranza (Lv 19,17), l’amore di un cuore che non coltiva pensieri di odio e di rancore (19,17-18).
Questo amore del prossimo, tuttavia, sembra ancora limitato ai «figli del tuo popolo», ai vicini, ma più avanti (Lv 19,34) il comandamento è esteso allo straniero: «il forestiero dimorante tra di voi lo tratterete come colui che è nato fra di voi; tu l’amerai come te stesso». Di conseguenza, l’Antico Testamento conosce l’amore dello straniero come ospite, pur continuando a predicare l’odio per colui che si considera come nemico. La motivazione dell’amore fraterno è la santità di Dio. Dio è santo, egli è cioè totalmente altro rispetto all’uomo, ai suoi pensieri e ai suoi modi di fare. Ma Dio si manifesta al suo popolo per condurlo ad essere santo come egli è santo, a riconoscere le sue qualità, cioè a imitare il suo amore.
SALMO
Inno a Dio che perdona, che guarisce, che colma l’uomo di amore e di tenerezza. Dio è santo, egli è padre. «Il Padre vostro celeste è perfetto» (Vangelo).
SECONDA LETTURA
È la parte finale degli argomenti in cui Paolo denuncia le tendenze che sono all’origine del-l’opposizione reciproca dei Corinzi. L’Apostolo richiama qui il carattere sacro della Chiesa: essa è il tempio dello Spirito Santo; dividerla significa dunque distruggerla. Coloro che vi si arrischiano possono far ostentazione di saggezza, ma essa è solo follia agli occhi di Dio. E coloro che pretendono di seguire maestri che sono soltanto uomini, voltano le spalle a Gesù Cristo, l’unico Maestro; i missionari, come tutti coloro che nella Chiesa esercitano una responsabilità, sono i servi della comunità.
VANGELO
Nel discorso della montagna, sei antitesi caratterizzano l’atteggiamento di Cristo di fronte alla legge (Mt 5,21-48). Il Vangelo di questa domenica presenta le ultime due: «Avete inteso che fu detto… ma io vi dico». L’amore del prossimo è portato alla sua pienezza sotto due aspetti: la non violenza contro il malvagio e l’amore anche per colui che si comporta come un nemico.
– La legge del taglione non è una legge di vendetta personale, un invito a farsi giustizia da sé, ma anzitutto la misura che l’autorità giudiziaria fissa alla vendetta di ciascuno. Il «non opporti al malvagio», anzi «porgigli anche l’altra guancia», è molto di più; questo atteggiamento supera quello giuridico, anzi, va radicalmente nel senso opposto (in 1 Cor 6,7 Paolo dà la stessa motivazione per coloro che vorrebbero appellarsi al tribunale pagano).
– «Odierai il tuo nemico». Questa frase non si trova in nessuna parte dell’Antico Testamento; se però Gesù la cita esplicitamente, significa che essa corrisponde all’atteggiamento dei pii Giudei. Il popolo di Dio e il giusto dell’Antico Testamento hanno dei nemici:
1. I nemici di Dio, del quale difendono l’onore:
– Es 32,25-29: i leviti e gli adoratori del vitello d’oro.
– At 9,1: Paolo ha l’odio del fariseo contro la setta nemica.
– Sal 139,21-22: l’odio per i nemici di Dio.
2. Le nazioni che invadono, occupano, deportano… Contro di esse Israele reagisce come un popolo piccolo e debole; si affida a Dio e impara a conoscere che Dio protegge il debole a scapito dei forti.
La Bibbia ne parla nelle sue preghiere ed è significativo: Sal 79,6.12; 109,17-20; 136,8-9; Ger 17,18. Anche Paolo consiglia di rimettersi a Dio (Rm 12,20). – È certo che l’insegnamento di Gesù è agli antipodi di questo comportamento nei confronti dei nemici, a cui si adeguava la pietà giudaica. Ma Cristo non ci dà soltanto un insegnamento nuovo, il suo stesso mistero sopprime la causa dell’inimicizia, egli abbatte il «muro di separazione che era frammezzo, cioè l’inimicizia» (Ef 2,14-16).
PER ANNUNCIARE LA PAROLA (piste di omelia)
L’utopia della santità
«Santità» suona oggi come una parola «insidiosa». Soprattutto se è collegata al «sacro», alla pietà, se esige una scelta opposta alla sapienza di questo mondo (2a lettura). Come presentare un santo? Come è presentato nelle chiese? È un asceta, un originale, un ingenuo… Non suscita il desiderio di imitarlo (Vangelo), è impossibile e poco attraente.
La santità è la «confisca» dell’uomo da parte di Dio. «Siate santi, perché io, il Signore vostro Dio, sono santo» (1a lettura). È una logica esigenza della presenza di Dio, che non può essere localizzata nel tempo o nello spazio, mentre l’uomo è tentato di ridurla a certe situazioni, a certi momenti… Già l’Antico Testamento sacralizza l’uomo in tutta la sua vita, fin nell’intimità del suo cuore (1a lettura). La santità è l’amore fraterno in nome di Dio.
La Parola di Dio rende sacra e santifica tutta la vita del discepolo (Vangelo). «Ma io vi dico…»; santità è sinonimo di perfezione, al di là di ogni legge-quadro e di tutto ciò che fanno i pubblicani o i pagani. Una santità concreta e visibile: il prossimo, in quanto immagine di Dio, «tempio di Dio» (2a lettura), è la norma dell’amore. Dio vive in noi, Dio è presente, bisogna rivelare questa presenza.
Le parole del Vangelo lasciano prevedere l’atteggiamento di Cristo nella sua passione e sulla croce: «Non opporvi… se uno ti percuote… tu lascia anche il mantello… fanne due (miglia) con lui…, amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori». Questa è stata la perfezione: «Tutto è compiuto».
La santità non è un brevetto, è prima di tutto l’arte di vivere come Cristo, di essere «di Cristo» (2a lettura). L’uomo resta fragile e limitato, ma può imitare Dio, la perfezione in Gesù Cristo nel suo modo di essere. Questo senza volersi identificare troppo presto col disegno di Dio; senza precipitazione. Dio si rivela nei suoi santi e i suoi santi rivelano chi è veramente il Dio Santo (cf prefazio dei Santi).
Perché bisogna sempre perdonare?
Attualità della legge del taglione: occhio per occhio, dente per dente; ne abbiamo esempi in tutti i campi e in tutti i tempi. Vogliamo farci giustizia da soli; vi sono rappresaglie, non si vuole lasciar correre, sarebbe una viltà, un’ingiustizia.
Dio perdona: egli non ha mai rinnegato la sua alleanza con Israele, anche se in certi momenti sembra pentirsene. Dio è andato fino in fondo: si è incarnato. La storia di Cristo è una storia di perdono e di riconciliazione; egli ha perdonato, anche se si rifiutava il suo perdono. Al limite, in mancanza dell’interlocutore, c’è il perdono nella preghiera; sul suo esempio, tale preghiera è possibile ed efficace. Cristo, che l’ha vissuto sulla croce, rende possibile questa preghiera, la sua: il Padre nostro.
La storia del perdono continua. «Lo Spirito di Dio abita in voi» (2ª lettura). Nello Spirito, i peccati possono essere rimessi (Gv 20,22). Egli «convincerà il mondo quanto al peccato» (Gv 16,8); in lui, il peccato è riconosciuto; egli ci fa riconoscere il peccato e perdonarlo. L’uomo è perdonato, se crede nel perdono di Dio; senza la fede, egli rimane nel suo peccato, nel suo fallimento personale, resta solo e si sente colpevole, incapace di perdonare e di essere completamente perdonato. Posto di fronte a Dio, egli esce dalla propria solitudine; ha un interlocutore, si rimette al suo giudizio e riconosce un Padre che dimentica il passato. Tutto diventa possibile: Dio non è lontano, noi siamo il tempio di Dio (2ª lettura).
Se crediamo nel Dio che perdona, non possiamo non perdonare gli altri. Perdono divino e perdono reciproco sono indissolubilmente legati; sono una cosa sola, l’uno è misura dell’altro e questa misura è senza misura.
La Chiesa, segno e sacramento di Gesù Cristo, diventa garante del Dio che perdona. Essa esercita il ministero del perdono nella penitenza, ma anche attraverso tutto ciò che fa. «In remissione dei peccati» e questo fino a quando tutti siano «di Cristo» (2a lettura).
Dio? Non lo conosco!
Dov’è Dio? Mostrami il tuo Dio! Come credere in Dio, nonostante tutte le disgrazie e le ingiustizie? Dio abita soltanto nei luoghi sacri? La 2a lettura può rispondere a queste domande.
L’assemblea dei fedeli è il tempio del Signore. «Non sapete che siete tempio di Dio?».
– Dio si rivela attraverso ciò che fa. Egli non è un dottore della legge, un sapiente. Ciò che dice, lo fa (Vangelo) e noi riveliamo Dio attraverso ciò che siamo e facciamo. Ciò che agli occhi del mondo sembra follia, è sapienza per i credenti. Non conosciamo Dio, perché non andiamo fino in fondo alle sue esigenze.
Dobbiamo riscoprire i veri valori, quelli dei figli della luce. Gli altri valori perdono importanza e consistenza. Il Totalmente-Altro pensa diversamente da noi (cf Magnificat). Non si devono rifiutare i valori umani, ma viverli nella dinamica del regno: «Cercate prima il regno di Dio»; è la parte migliore (Lc 10,42).
Un modello di preghiera: il salmo 102
Questo salmo, frequentemente utilizzato nelle liturgie orientali, presenta alcuni aspetti fondamentali della preghiera:
– L’azione di grazie: benedire Dio, non dimenticare i suoi benefici.
– La richiesta di perdono: prima ancora che una confessione dei peccati, è una professione di fede nella bontà e nella pietà di Dio, che è Padre.
– Nella preghiera conosciamo Dio in modo più adeguato; è una via di accesso a lui, superiore alle altre.
(tratto da: M. Gobbin, Omelie per un anno – vol. 2, anno A, tempo ordinario – Elledici 2003)