15 novembre
33ª DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
Giornata mondiale dei poveri
Dio si fida di noi e ci affida il suo Regno
PER RIFLETTERE E MEDITARE
Tutte le parabole di Gesù partono dalla vita. Spesso ci sorprendono, come in questo caso. Si parla di un padrone che consegna i propri beni ai suoi servi e collaboratori e, fidandosi interamente di loro, parte per un paese lontano. Ma al ritorno chiede a loro come si sono regolati.
È Dio che ci consegna il mondo, senza darci troppe indicazioni, lasciando così a noi piena libertà di amministrarci. Ma ha molti sogni e progetti sul mondo e su di noi e vuole che non ce ne stiamo inerti, ma che facciamo fruttare quanto ci è stato affidato.
Dio si fida di noi
Siamo alla fine di un anno liturgico. L’altra settimana si parlava di vigilanza, ma di attesa della venuta dello Sposo. Questa settimana invece si parla di un padrone che parte e a chi resta chiede operosità. E al suo ritorno è particolarmente severo con il “pigro”, che non traffica il talento ricevuto.
Ognuno di noi infatti è chiamato nella vita a diventare il meglio di sé, così com’è stato pensato e «programmato» da Dio. Un Dio che dà a ciascuno il necessario per potersi realizzare. Chi ha ricevuto dieci talenti non si trova in una condizione migliore di chi ne ha ricevuti cinque o uno. Ciascuno è chiamato semplicemente a essere fedele a se stesso e a rispondere di ciò che ha ricevuto.
Tristemente l’inerzia del «pigro» nasce da una falsa idea del suo padrone, di Dio: «Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso. Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo» (Mt 25,24-25). Sono dunque le sue parole che lo condannano. È preso dalla paura e lo paralizza; l’unico suo pensiero è restituire il talento ricevuto.
Fa pensare a un cristiano che vive preoccupato più di evitare il male che di fare il bene. E soltanto una nuova idea di Dio può spingerlo ad andare oltre, fargli superare la paura e indurlo a rischiare qualcosa, a metterci la faccia, a correre il rischio di fallire.
La vita nelle nostre mani
La parabola dei talenti mette chi l’ascolta di fronte alle proprie responsabilità. Il messaggio è chiaro: la vita ci è stata data in appalto e dobbiamo farla fruttare al meglio. Un giorno ci sarà chiesto il rendiconto su come l’avremo gestita.
Dice il cardinal John Henry Newman: «Io sono stato creato per fare o per essere qualche cosa per cui nessun altro è stato mai creato. Poco importa che io sia ricco o povero, disprezzato o stimato dagli altri. Dio mi conosce e mi chiama per nome. In qualche modo sono tanto necessario io al mio posto, quanto un arcangelo al suo».
Dio ci ha voluti diversi l’uno dall’altro, ma a nessuno è permessa l’indolenza. «Il Signore ci chiede di essere zelanti, non di ottenere sicuramente un buon risultato» (sant’Ambrogio).
L’attore Gérard Depardieu ricorda che, guardandosi allo specchio, per qualche tempo è vissuto in lotta con se stesso, poi s’è detto: «A ogni modo, le carte sono queste, le accetto senza cercare di guardare il gioco degli altri». Il Signore ci chiede di accogliere con gioia ciò che ci è stato dato. Dio non ci ha programmati con un modello standardizzato, ma alla fine il premio è uguale per tutti, è raddoppiato, anzi supera ogni immaginazione: «Prendi parte alla gioia del tuo padrone».
La nostra presenza è importante all’interno della famiglia, nel mondo del lavoro o della scuola. Se non pensiamo noi a dare testimonianza cristiana, forse non la dà nessun altro. Il fatto grave della pigrizia di questo servo è che lui, sotterrando il suo talento, non ha solo messo se stesso nella condizione di non crescere personalmente, ma ha fatto stagnare l’ambiente in cui viveva.
Il ruolo della donna
Parla di operosità anche il brano dal libro della Sapienza. È il profilo di una donna fedele e instancabile, impegnata a servire e a rendere felice la sua famiglia con il suo lavoro. Guardiamo oggi ai molti talenti di questa «metà del cielo», che rappresenta in realtà più della metà di quanti vengono in chiesa alla domenica.
La donna del passato appariva forse persona di un solo talento, lei che sembrava aver sotterrato in casa la sua voglia di vivere e di realizzarsi, ma proprio in quel clima sociale impossibile riusciva a dare un tono alla famiglia e alla vita di un paese.
Qualcosa doveva cambiare, certo. E oggi la donna, che spesso condivide interamente con il marito anche il lavoro, è impegnata a costruirsi un futuro più personale. Ma c’è da sperare che questo non avvenga a scapito della famiglia e dei figli.
UN FATTO – UNA TESTIMONIANZA
«Dio ha scritto per ognuno di noi una storia unica e irripetibile, ma ci ha lasciato la libertà di scriverne la fine» (la frase è di Carlo Acutis, che nei suoi 15 anni di vita si è messo sulla strada della santità).
LA GIORNATA MONDIALE DEI POVERI
Oggi si celebra la «Giornata mondiale dei poveri» voluta da papa Francesco nel 2017. Riprendiamo alcuni suoi pensieri espressi in quella circostanza.
- Ai nostri giorni, mentre emerge sempre più la ricchezza sfacciata che si accumula nelle mani di pochi privilegiati, fa scandalo l’estendersi della povertà in tutto il mondo. Dinanzi a questo scenario, non si può restare inerti e tanto meno rassegnati. Il rischio però anche in questa circostanza è che il comando di Gesù si risolva in parole vuote e non in fatti concreti.
- Il servizio ai poveri è certamente uno dei primi segni con i quali la comunità cristiana si presentò sulla scena del mondo. «Vendevano le loro proprietà e sostanze e le dividevano con tutti, secondo il bisogno di ciascuno» (At 2,45). E il diaconato è stato istituito proprio per questo servizio.
- Ci sono stati momenti in cui i cristiani non hanno ascoltato fino in fondo questo appello, lasciandosi contagiare dalla mentalità mondana. Ma lo Spirito Santo ha suscitato uomini e donne che in diversi modi hanno offerto la loro vita a servizio dei poveri.
- Non pensiamo ai poveri solo per darci a una buona pratica di volontariato una volta alla settimana, per mettere in pace la nostra coscienza. Queste esperienze, pur valide e utili devono aprirci a una condivisione che diventi stile di vita. Siamo chiamati a tendere la mano ai poveri, a incontrarli, a guardarli negli occhi.
- Non dimentichiamo che per i discepoli di Cristo la povertà è anzitutto una vocazione a seguire Gesù povero. È un cammino dietro a Lui e con Lui, un cammino che conduce alla beatitudine del Regno dei cieli (cf Mt 5,3; Lc 6,20).
- Questa Giornata intende stimolare in primo luogo i credenti perché reagiscano alla cultura dello scarto e dello spreco. Al tempo stesso l’invito è rivolto a tutti, indipendentemente dall’appartenenza religiosa, come segno concreto di fratellanza. Dio ha creato il cielo e la terra per tutti; purtroppo sono gli uomini che hanno innalzato confini, mura e recinti.
- In preparazione a questa Giornata si potranno organizzare momenti di incontro e di amicizia, di solidarietà e di aiuto concreto. E invitare i poveri e i volontari a partecipare insieme all’Eucaristia.
- A fondamento delle tante iniziative concrete che si potranno realizzare ci sia sempre la preghiera. Non dimentichiamo che il Padre nostro è la preghiera dei poveri. La richiesta del pane, infatti, esprime l’affidamento a Dio per i bisogni primari della nostra vita.