Pubblicato il

3. Annunciare la Parola – 14 giugno 2020


14 giugno

SANTISSIMO CORPO E SANGUE DI CRISTO

Gesù, pane di vita


PER RIFLETTERE E MEDITARE

Fino a qualche anno fa in Italia la solennità del Corpo e Sangue di Cristo, il Corpus Domini, era vissuta di giovedì e l’interruzione del ritmo feriale di vita, il non andare a lavorare o a scuola, dava una visibilità diversa a questa giornata festiva. In ogni parrocchia si teneva una grande processione (ultimamente ripresa in molte comunità), con gli addobbi alle finestre, i canti suggestivi, la banda musicale. Ciò non toglie che dobbiamo dare anche oggi pieno significato festivo a questa presenza di Gesù tra noi nell’Eucaristia, non avendolo potuto fare nel contesto penitenziale della settimana santa

Pane disceso dal cielo

Nel testo di Giovanni le parole di Gesù sembrano esprimere l’incredibile. Gesù, che ha tolto la fame a migliaia di persone, ora parla di una vita divina che intende comunicare. A prendere le parole di Gesù sul serio, non in senso metaforico (vv. 53-58) c’è da impietrire per lo stupore! Gesù parla di vero cibo e di vera bevanda. Il verbo greco ha il significato del mangiare nel senso vero e proprio: ed è ciò che esprime il verbo tròghein. Anche il sangue è carico di profondi significati, poiché per gli ebrei nel sangue c’era la vita. Quanto alla parola carne (sarks) è ugualmente concreta ed è lo stesso termine usato nel prologo di Giovanni: il Verbo si è fatto sarks e venne ad abitare in mezzo a noi. Per mezzo dell’Eucaristia Gesù continua a incarnarsi per noi!

Diceva un ateo: «Se arriverò a credere che Dio si è fatto uomo, non avrò problemi a credere che si può fare pezzo di pane…».

Corpo e sangue di Gesù

Al pane oggi preferiamo i cracker, i grissini. Ma il simbolismo del pane rimane intatto. Ancora oggi pane significa vita di famiglia, cibo che nutre e che viene condiviso allo stesso tavolo. Dove manca il pane, manca l’essenziale. Per questo Gesù ha scelto proprio il pane per rimanere tra noi. E ha detto: «Prendete e mangiate… Prendete e bevete…». Se avesse voluto soltanto essere onorato, adorato, avrebbe scelto una pietra o qualche altra cosa, magari preziosa, ma non commestibile. Ha detto «mangiate, bevete» e nella nostra bocca il pane diventa cibo, alimento, forza; il vino si fonde con il nostro sangue e porta vita. Gesù vuole essere mangiato: per questo i primi cristiani furono accusati goffamente di fare dei riti strani.

L’Eucaristia fa riferimento alla Pasqua annuale degli ebrei. Ogni anno i nuclei familiari facevano memoria dei prodigi di Dio. Il più anziano si vestiva da viandante, a ricordo della drammatica traversata nel deserto e raccontava ai più giovani la vicenda del passaggio del Mar Rosso. Si rinnovava l’alleanza spezzando il pane azzimo, offrendo il calice, consumando le erbe amare…

L’Eucaristia per noi oggi è tutto questo, ma è soprattutto la Pasqua di Gesù, la sua passione, morte e risurrezione. Così l’hanno vissuta i primi cristiani, che hanno ripetuto questa cena non una volta all’anno, ma ogni domenica, nel giorno della risurrezione, il primo giorno della settimana.

Alla base della nostra spiritualità

«Prendete questo corpo, vuol dire: fate vostro questo mio modo di stare nel mondo» (Ermes Ronchi). Nell’Eucaristia Gesù dona una sintesi della sua vita, che è stata donazione e servizio. La Chiesa, attraverso gli apostoli e gli evangelisti ci ha trasmesso nei Vangeli le sue parole, il racconto dei suoi giorni.

Ma nell’Eucaristia Gesù ci ha lasciato semplicemente e realmente se stesso, un’intimità inaudita con lui, con la Trinità. Nell’Eucaristia Gesù è il Dio «per noi, in noi, con noi…». Nasce di qui un genuino e profondo cammino di spiritualità. Infatti ogni volta che celebriamo l’Eucaristia trovano espressione e facciamo nostri i significati collegati a questo sacramento. Offrendo noi stessi, la nostra vita.

Nel momento dell’offertorio, nel calice aggiungiamo ogni volta alcune gocce d’acqua, che la tradizione ascetica interpreta come una partecipazione personale all’offerta di Gesù. Dice il sacerdote in quel momento: «L’acqua unita al vino sia il segno della nostra unione con la vita divina di Colui che ha voluto assumere la nostra condizione umana».

Ma noi dovremmo sentirci coinvolti come singoli e come comunità anche al momento della consacrazione, in cui viene attualizzato e riproposto il gesto di Gesù dell’ultima cena. Noi siamo la Chiesa che oggi si offre al mondo, come ha fatto Gesù. Anche noi dovremmo dire: «Questo è il mio corpo che è dato per voi».

Infine la nostra spiritualità esprime se stessa in modo specialissimo al momento della comunione, quando ci incontriamo personalmente con il mistero del corpo di Gesù. Al sacerdote, al diacono o al ministro straordinario dell’Eucaristia che ci offre il pane dicendo: «Il corpo di Cristo», noi rispondiamo: «Amen!». E questo «Amen!» riassume tutta la nostra fede, tutto il nostro condividere i piani di Dio su di noi e sull’umanità.

UN FATTO – UNA TESTIMONIANZA

Come si deve ricevere l’Eucaristia secondo san Cirillo: «Quando ti avvicini, non venire avanti stendendo le palme delle mani, né con le dita aperte, ma fa’ della tua mano sinistra un trono per la tua destra, perché questa deve ricevere il re. Nel cavo della tua mano ricevi il corpo di Cristo, dicendo: “Amen!”».