TU SEI IL FIGLIO
Is 42,1-4.6-7 – Ecco il mio servo che io sostengo
At 10.34-38 – Dio consacrò Gesù di Nazaret
Mt 3,13-17 – Si aprirono per lui i cieli
Attenzione ed elezione dei piccoli
Il brano di Isaia dice dell’«elezione della piccolezza» da parte del servo di JHWH. Le caratteristiche di questo servo sono espresse con una serie di negazioni ripetute: non griderà, non spezzerà, non spegnerà. È uno che in questo mondo non fa fortuna né carriera, perché sta ai margini, non ce la fa con la vita, non ha forza né potere. È una presentazione che a noi sembra contrastare con il compito a lui affidato: stabilire il diritto sulla terra intera. Per realizzare tutto questo non può starsene fermo, ma deve sporcarsi mani e piedi con la storia. Questo servo diventa alleanza e luce… e per lui il Signore usa le stesse parole dello Spirito per Gesù: «in te mi sono compiaciuto», in te che sei piccolo, insignificante, che ti prendi cura delle cose umili, delle canne incrinate. Ti prendo per mano perché nella tua piccolezza e con la tua piccolezza creo il mio regno di giustizia, e chi è nelle tenebre vedrà la luce.
Dio elegge la povertà
I «piccoli» che il mondo non sceglie vengono «eletti» dall’amore di Dio. Ciechi e prigionieri, devono essere liberati; e la via scelta da Dio è quella del suo farsi piccolo per poterli raggiungere. Queste creature sono come figli, perché nel cammino quotidiano, quando li si prende a cuore, la preoccupazione per ognuno diventa forte. Si passano ore insonni quando le decisioni da prendere sono grandi, e ciascuno viene «generato» dall’intelligenza e dal cuore. L’intensità della relazione è tale che si fa l’esperienza di portarli in grembo per generarli di nuovo con Te e in Te.Quella che Tu ci insegni non è l’elezione di un popolo, di una cultura, di una tradizione religiosa, di una interpretazione etica, ma di una condizione: la povertà. E il primo atto fondamentale, che il tempo natalizio ha celebrato, è questo scendere di Dio nella nostra piccolezza, che non è solo quella assunta da Gesù Bambino, ma è la piccolezza dei peccatori, degli increduli, dei miseri, che Gesù Cristo raccoglie immergendosi nell’obbedienza al Padre che lo porterà fino alla suprema piccolezza della Croce: la piccolezza del Natale verso la piccolezza della Pasqua.
Dio si fa bisognoso di salvezza
Inabissandosi nelle acque, Gesù le santifica e le rinnova e lava dalla colpa l’umanità, sposandola a sé, e prefigura la sua Pasqua, mistero di morte feconda di vita nuova per tutte le creature. L’uscire dalle acque indica che Gesù porta con sé in alto tutto intero il cosmo e vede aprirsi per lui i cieli che Adamo aveva chiuso per sé e per la sua discendenza. La memoria evangelica di Matteo è la più incisiva nel ricordarci la «reazione» del Battista: Giovanni coglie tutta l’enormità del gesto di Dio che, essendo Salvatore, si fa bisognoso di salvezza e che, essendo il Santo, si mette in fila per un Battesimo disposto per i peccatori. L’evangelista sottolinea la storicità dell’evento che porta il Salvatore e Sposo dell’umanità al Battesimo di acqua. Come nel mistero della Visitazione, è il più grande che va dal più piccolo (cf Lc 1,43).
La scelta dei piccoli apre all’universale
Quest’anno vivere la festa di Natale è stato vivere l’esperienza di essere generati dai piccoli, generati a una vita nuova nell’oltre, dove le piccole chiusure di ogni giorno cedono il passo a uno sguardo che, rimanendo radicato in questa terra, vola nell’oltre dove tutto è più vero e duraturo. Generati dai piccoli perché la Buona Notizia diventi quotidiano pane spezzato, vino nuovo con cui brindare. La risposta di Gesù svela quale sia la sua concezione della giustizia: spende re la vita per portare giustizia, per portare alla giustizia, la giustizia che parte dal perdono e si compie nella pienezza dell’amore. Altro elemento che in questa festa emerge potente è quello dell’universalità: una sapienza e una cultura della grandezza non possono creare che delle élite di iniziati, di devoti e di eroi. Eleggendo una sapienza e una cultura della piccolezza, Gesù apre una prospettiva di reale universalità, perché la piccolezza è veramente di tutti.
Mandati a promuovere azioni che salvano e liberano
È quello di cui si accorge Pietro nel brano degli Atti; e se ne accorge appunto attraverso il «timore di Dio», che è la percezione di una storia ormai visitata dal mistero nuovo, e attraverso «la pratica della giustizia», che è l’accoglienza di questa «opera« di Dio che, nella varietà straordinaria dei modi e delle vie, è tutta raccolta nella suprema operosità dell’amore per i piccoli che sono in fila come Cristo Gesù ad aspettare e ricevere l’azione che salva e libera. Amore che ci fa stare con tutti, amore che ci fa mettere in fila e aspettare il nostro turno, amore che ci fa chinare il capo per accogliere la benedizione della vita, l’acqua nuova che ci rigenera.
PER IL CONFRONTO NEL GRUPPO
– Sentirsi piccoli e insignificanti è una forza, o solo un motivo per sentirsi deboli?
– Il fatto di riconoscere il Figlio ti apre a un impegno di vita maggiore?
IN FAMIGLIA
Ripensiamo al nostro essere figli ed elenchiamo i momenti belli in cui in questa giornata abbiamo donato gioia ai genitori.
I genitori indicano le cose positive che donano ai figli:
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(tratto da R. Paganelli – Entrare nella domenica dalla porta della Parola, anno A, Elledici 2015)