Il Venerabile Servo di Dio Titus Zeman,
sacerdote Salesiano slovacco,
ucciso in odio alla fede a 54 anni d’età, sarà beatificato il 30 settembre 2017 nella Capitale della Slovacchia, Bratislava.
In un nuovo libro
la testimonianza di fede di un uomo “di frontiera",
sempre presente dove si giocava la “Grande Storia"
OLTRE IL FIUME, VERSO LA SALVEZZA
Titus Zeman
martire per le vocazioni
di Lodovica Maria Zanet
(Editrice Elledici – pagine 246 – € 15,00)
«Anche se perdessi la vita, non la considererei sprecata
se almeno uno di quelli che ho aiutato
è diventato sacerdote al posto mio».
Titus Zeman
Il nuovo libro Oltre il fiume, verso la salvezza. Titus Zeman, martire per le vocazioni di Lodovica Maria Zanet, pubblicato dalla Editrice Elledici, è la storia di un uomo di confine e di frontiera, sempre presente dove si giocava la “Grande Storia".
La sua vicenda – che si intreccia a quella di molti altri testimoni sofferenti della fede del Secolo dei Totalitarismi cui questa pagine danno voce – si configura come un vero e proprio martirio per il sacerdozio e la salvezza delle vocazioni.
Il volume narra la storia di Don Titus Zeman (Vajnory, 4 gennaio 1915 – Bratislava, 8 gennaio 1969), sacerdote salesiano, docente di chimica e scienze naturali a Bratislava e Trnava, buono sportivo, che morì l’8 gennaio 1969, dopo 18 anni di persecuzione del regime.
All’inizio degli anni Cinquanta, quando gli ordini religiosi erano stati aboliti, i religiosi chiusi in conventi di concentramento e nasceva una “Chiesa" di Stato, scomunicata da Roma, don Titus sceglieva i giovani in cammino verso il sacerdozio, identificava i preti diocesani perseguitati e – rischiando la vita – li conduceva in Austria e in Italia, con un avventuroso viaggio attraverso quella che, di lì a poco, sarebbe divenuta tristemente nota come “Cortina di ferro", sottraendoli così alla rieducazione ideologica e permettendo loro di raggiungere il traguardo del sacerdozio.
Catturato dalle forze di polizia della Cecoslovacchia comunista nel 1951, condannato per alto tradimento e spionaggio, fu torturato, condannato a 25 anni di carcere duro senza condizionale e alla perdita dei diritti civili, quindi rilasciato quando il suo stato di salute era irrimediabilmente compromesso.
Ogni anno, nel giorno della sua morte, a Vajnory, piccolo paese agricolo alle porte di Bratislava, dove nacque, viene pregato come un martire della Chiesa.
Se si guarda alla sua figura si impone il riferimento ai primi cristiani che si ritrovavano nelle catacombe per rafforzare la fede e fare memoria dei “testimoni" per eccellenza, i martiri appunto. Anche un verbale redatto dalla polizia segreta (poi ripreso in una relazione del primo ministro al segretario del partito comunista) riporta una parola ignota sia alla terminologia dei servizi segreti sia all’ideologia comunista: martire. Titus Zeman è un “martire per la salvezza delle vocazioni".
Era nato nel 1915, nel primo anno della Grande Guerra. Allora esisteva ancora l’Impero austro-ungarico, vero e proprio coacervo di lingue, culture, tradizioni e tensioni esplosive: lui ne era un suddito. Aveva assistito, seppur giovanissimo, allo sfaldarsi di quel mondo; più tardi, in anni di accese lotte nazionalistiche, alle premesse del Secondo Conflitto Mondiale. Aveva conosciuto le dinamiche dei regimi totalitari, delle ideologie, di un “pensiero unico" che interpreta come oppositore e nemico chiunque rifiuti di uniformarvisi.
Durante gli anni del nazismo aveva rischiato la vita per salvare gli ebrei. Più tardi aveva corso analogo pericolo a vantaggio degli oppositori del regime comunista e dei «perseguitati a causa della giustizia» (cf Mt 5, 10). Era stato a fianco degli studenti quando i nazisti li obbligavano al lavoro duro, per velocizzare la ritirata. Aveva sperimentato la terribile legge delle carceri, in cui era entrato come “uomo destinato all’eliminazione" ed era riuscito a impedire che a tanti – credenti o atei – venisse rubata la speranza. Quando morì, in quel freddo gennaio del 1969, è ormai per molti un testimone sofferente della fede.
La vicenda di Titus, mai dimenticata in Slovacchia e intrecciata a quella di tanti altri (la beata suor Zdenka Schelingová, il Servo di Dio Michal Buzalka, Ján Chryzostom Korec – poi cardinale -, don Ernest Macák, don Alfonz Paulen, ecc.), assume nel tempo un’eco che la porta a fuoriuscire dai confini della sua Congregazione religiosa e della sua terra. In quell’alternanza di misteri gaudiosi e dolorosi che fa parte di ogni vita umana – ma che Titus ha vissuto a tinte più forti – molti iniziano a riconoscere in lui un messaggio di speranza e una memoria viva del vangelo. “Era santo ed è morto martire", si dice di Titus.
Molto conosciuto e pregato, di Titus Zeman è stata pertanto introdotta nel 2010 la Causa di Beatificazione e di Canonizzazione. La fase diocesana del processo “Super martyrio", seguita da don Jozef Slivon SDB quale vicepostulatore, si è conclusa il 7 dicembre 2012 a Bratislava.
La Santa Sede ha riconosciuto con decreto la validità dell’Inchiesta diocesana in data 28 giugno 2013. La Positio super martyrio, redatta da Lodovica Maria Zanet, autrice di questo volume, con la collaborazione di Helena Barátová, sotto la direzione del Relatore Vaticano rev. padre Zdzisław Kijas OFM-Conv., è stata consegnata nella primavera del 2015.
Papa Francesco, il 27 febbraio 2017, ha autorizzato la promulgazione del decreto di martirio, che ha aperto la strada alla beatificazione che avverrà il 30 settembre 2017 nella capitale della Slovacchia, Bratislava.
Occorre allora accostarsi alla sua vita, capirne le dinamiche, presentarne la biografia.
L’autore:
Lodovica Maria Zanet è docente di Antropologia della santità presso la Pontificia Università Salesiana di Torino. Collabora, fra l’altro, con il Dipartimento di Filosofia dell’Università Cattolica e l’Università di Bergamo.
Presentazione dell’autore