Pubblicato il

5. Perdono e Preghiere dei Fedeli – 5 dicembre 2021

5 dicembre

2ª DOMENICA DI AVVENTO

La parola di Dio venne su Giovanni

RICHIESTA DI PERDONO

  • Signore Gesù, l’annuncio della tua venuta non ci lasci indifferenti in questi giorni di Avvento, abbi pietà di noi.
  • Cristo, sono tanti i segni della tua presenza tra noi, perdona la debolezza della nostra fede e abbi pietà di noi.
  • Signore, ci accontentiamo e non ci lasciamo sorprendere dalla novità della tua venuta nella nostra umanità, abbi pietà di noi.

PREGHIERA UNIVERSALE

Celebrante. Fratelli e sorelle carissimi, il Signore ci conceda di tracciare nei deserti del mondo percorsi di fede e di un sincero rinnovamento personale per preparare la sua venuta.

Convertici a te, Signore.

  • Signore Gesù, ricordati della tua Chiesa, chiamata ad indicare al mondo la via che conduce alla salvezza. Sostienila con il tuo Spirito, preghiamo.
  • Signore Gesù, ricordati della nostra umanità, che attende dalla tua venuta un messaggio di pace e di speranza, preghiamo.
  • Signore Gesù, ricordati di chi vive un Natale consumistico. La storia più bella del mondo tocchi il loro cuore e porti a tutti la gioia di incontrarsi con te, preghiamo.
  • Signore Gesù, ricordati di chi non ha patria, casa, lavoro, di chi vive in zone di guerra, di chi come te nasce in una terra inospitale, preghiamo.

Celebrante. Signore Gesù, che ci riveli il vero volto del Padre, in questo tempo di Avvento non dimenticare nessuno di quelli che il Padre ti ha affidati, e rendici capaci di condividere con i nostri fratelli il tuo amore senza misura. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli.

 

 

 

Pubblicato il

6. Vignetta di RobiHood – 5 dicembre 2021

5 dicembre

2ª DOMENICA DI AVVENTO

La parola di Dio venne su Giovanni

Per scaricare sul tuo pc l’immagine in formato grande e colorabile,
cliccaci sopra col tasto destro del mouse e scegli “Salva immagine con nome“.

 


Pubblicazioni di Roberto Benotti (RobyHood) presso Elledici:

Laudato sii

Ancilla Domini

Un anno straordinario

Sorrisi divini

I Love Francesco

Pubblicato il

3. Annunciare la Parola – 28 novembre 2021

28 novembre 2021

1ª DOMENICA DI AVVENTO C

Alzate il capo, la vostra liberazione è vicina

PER RIFLETTERE E MEDITARE

Come i quaranta giorni della Quaresima ci preparano alla Pasqua di Gesù, così le quattro settimane di Avvento ci preparano al Natale. Due periodi forti per vivere i momenti centrali della storia della salvezza. L’Avvento è attesa della venuta tra noi del Figlio di Dio, che assume fino in fondo la nostra umanità facendosi uomo. L’incarnazione è talmente importante per la nostra vita cristiana che ci disponiamo ad accoglierla con questi giorni speciali di preghiera e di attesa vigilante.

Un germoglio spunterà dal tronco di Jesse
A noi, invasi ogni giorno da tanti messaggi di ogni tipo, la liturgia di questa prima domenica di Avvento ci propone due immagini veramente suggestive. La prima è bellissima. Geremia riprende un passo di Isaia: «Un germoglio spunterà dal tronco di Jesse, un virgulto germoglierà dalle sue radici» (Is 11,1). Il germoglio è segno di vita, di vita nuova, simbolo di novità, promessa di frutti e di felicità. Chi ha coltivato piante, gettato semi, chi ha messo un po’ di speranza in qualcosa di bello e di giusto, capisce quanta attesa e quanta gioia vi è dentro questo messaggio.
La seconda immagine è quella della strada. C’è un cammino da compiere. «Fammi conoscere, Signore, le tue vie, insegnami i tuoi sentieri», ci fa cantare il salmo responsoriale. Si tratta di una strada diritta, giusta, da percorrere. Ai cristiani di Tessalonica, che attendono come imminente il ritorno di Gesù (seconda lettura), Paolo indica qual è questa strada: «crescere e sovrabbondare nell’amore», è compiere le opere che piacciono a Dio, perseverare in questo cammino.

Tempo di attesa escatologica
Molti di noi pensano che le quattro settimane di Avvento ci preparino soprattutto al Natale e così ci mettiamo nello stato d’animo dei patriarchi e dei profeti dell’Antico Testamento che attendevano il messia. Ma un cristiano non può aspettare il Cristo Gesù come se non fosse già venuto. La venuta che siamo chiamati a preparare e ad attendere è invece la «seconda» venuta, il suo ritorno glorioso alla fine dei tempi. Dice san Bernardo: «Non meditate solo sulla prima venuta del Signore, quando egli entrò nel mondo per cercare e salvare ciò che era perduto, ma anche sulla seconda, quando ritornerà per unirci a sé per sempre».
In realtà nell’Avvento i cristiani lungo i secoli hanno fuso due tradizioni. Soprattutto gli antichi monaci predicarono l’Avvento invitando i cristiani ad attendere la seconda venuta di Gesù, che tornerà glorioso alla fine dei tempi, e a prepararsi a questo incontro nella conversione e nella penitenza. Mentre a Roma, dove s’introdusse il 25 dicembre per festeggiare la nascita di Gesù in sostituzione della ricorrenza pagana del Natalis Solis Invicti (la nascita del Sole vittorioso), l’Avvento fu visto come preparazione al Natale. In pratica nella liturgia odierna i due significati si sono fusi. Il primo significato, quello escatologico, è prevalente nelle prime tre domeniche; dal 17 dicembre in poi diventa invece prevalente l’attesa del Natale, la celebrazione dell’incarnazione del Figlio di Dio.
Nelle prossime due domeniche saremo accompagnati dalla testimonianza e dalle severe parole di Giovanni Battista, che invita la gente del suo tempo ad attendere il messia che sta per venire impegnandosi a preparagli la strada attraverso un vero cammino di fedeltà e di rinnovamento personale.

Un tempo per prepararci
Il Vangelo ci parla di attesa, di vigilanza. Chi si dispone ad attendere e a vigilare lo fa perché la persona che deve venire gli sta a cuore, gli interessa. Per questo mette a posto la propria persona, mette ordine nella sua casa.
Oggi si parla di attesa del Natale e del ritorno di Gesù alla fine del tempo. Quali sono i nostri atteggiamenti? Nonostante le parole un po’ inquietanti di Gesù, dobbiamo lasciarci prendere da un’attesa piena di speranza, chiamati come siamo a incontrare la figura consolante del Figlio dell’uomo che viene a noi. È la stessa parola di Dio a invitarci a pensare così quando ci dice: alzatevi, vigilate, pregate, comportatevi come chi è alla vigilia della liberazione e l’attende con ansia; come chi attende un amico caro, la persona che amiamo e che ci ama in modo speciale.
Dobbiamo però prima di tutto svegliarci da un Natale sbagliato, difenderci dai tanti messaggi che riceveremo e che non portano a Betlemme. C’è un cammino da compiere, c’è un germoglio pieno di vita che dobbiamo far crescere. C’impegniamo a vivere questo Avvento non distratti e con i cuori appesantiti, ma nella vigilanza e nella operosità. La Chiesa ci offre questo mese per fare una specie di lungo ritiro spirituale. Viviamo in una società che è una sfida alla nostra fede: si vive, si corre, si va, ma verso dove? Inventiamoci ogni giorno qualcosa per vivere a occhi aperti il nostro tempo. Per non dormire, per dare significato ai nostri giorni. Più del solito quotidiano, senza rassegnarci alla nostra abituale mediocrità.

UN FATTO – UNA TESTIMONIANZA

«Il tempo dell’Avvento è come il tempo di primavera nella natura, quando ogni cosa si rinnova ed è così fresca e rigogliosa. L’Avvento dovrebbe compiere questo in noi… Rinnovarci e renderci rigogliosi, capaci di ricevere Cristo in qualunque forma venga a noi. A Natale viene come un bambino piccolo e indifeso, così bisognoso di sua Madre e di tutto quello che l’amore di una madre può dare. Se veramente vogliamo che Dio ci riempia, dobbiamo svuotare noi stessi, attraverso l’umiltà, di tutto l’egoismo che è dentro di noi» (madre Teresa di Calcutta).

Pubblicato il

4. Parola da Vivere – 28 novembre 2021

28 novembre 2021

1ª DOMENICA DI AVVENTO C

Alzate il capo, la vostra liberazione è vicina

COMMENTO

Siamo in pieno discorso apocalittico di Gesù in Luca. In questo brano può esserci utile sottolineare due elementi.
Il primo. Le immagini catastrofiche, prese dal linguaggio apocalittico del Primo Testamento, possono suscitare timore in chi non ha fede. I profeti annunciavano in questo modo la punizione dei persecutori di Israele, ma soprattutto l’intervento potente di Dio, che salva i suoi fedeli. In Luca le catastrofi annunciate sono secondarie e denunciano le cattiverie di ogni tempo, che sconvolgono la creazione e le relazioni tra gli uomini. All’evangelista interessa annunciare che la salvezza definitiva si realizza con la seconda venuta di Gesù, il Figlio dell’uomo annunciato da Daniele, il Figlio di Dio, fatto carne. È lui che ha inaugurato la salvezza con la sua passione, morte e risurrezione e verrà una seconda volta a liberare il nuovo popolo di Dio, per condurlo nella casa del Padre a gustare la gioia del banchetto senza fine.
Il secondo. Non sapendo il momento e l’ora di questi avvenimenti, l’atteggiamento che viene richiesto ai cristiani è quello della vigilanza nella quotidianità. Questo significa: da una parte, lottare contro tutto ciò che addormenta la coscienza, fa perdere il senso delle cose, delle relazioni, delle scelte e progressivamente allontana dal Signore e dai fratelli; dall’altra, curare un rapporto quotidiano di amore con il Signore nella preghiera.
Tutto questo abilita il cristiano ad essere sempre pronto ad accogliere il Signore, che viene in molti modi prima della venuta definitiva e lo rende aperto al dono dello Spirito, che comunica la sua luce e la sua forza per vincere qualsiasi paura, anche di fronte ad avvenimenti terrificanti. Così per il credente comparire davanti al Signore potrà essere il momento del compimento definitivo del desiderio di incontrarlo e restare per sempre con lui, con Maria e con tutti i santi.
Questa pagina è bella notizia per noi oggi e ci invita a essere sobri. C’è nel nostro mondo una certa mentalità catastrofica, come si vede in molte manifestazioni culturali: come esempio basta ricordare qualche film e qualche romanzo di ultima generazione. C’è chi rifiuta di pensarci e trova motivi in più per «godersi la vita», finché dura. I dissipati sono coloro che non vogliono pensare alle cose importanti della vita e preferiscono vivere in superficie. Gli ubriachi sono quelli che volontariamente cercano ciò che li stordisce (le droghe sono di molti generi e toccano non solo il corpo ma anche lo spirito). Gli affannati sono coloro che si lasciano schiavizzare dalle cose di questo mondo, che pure bisogna curare, ma dando loro il posto e il valore giusto, non di più.
Inoltre è all’opera una strategia diabolica: portare le persone e le famiglie sull’orlo del baratro e presentarsi come nuovi messia che promettono ricchezza e benessere in questo mondo; in realtà questi personaggi progettano di dominare gli altri con tipi nuovi di schiavitù. Solo le comunità di fratelli possono denunciare e contrastare efficacemente questo piano che mira a devastare persone, comunità e popoli, calpestando la vita e la dignità dei figli di Dio.

SPUNTI PER L’ATTUALIZZAZIONE E LA PREGHIERA

  1. Il nostro tempo è attraversato da guerre, odio, terrore. Per molti insicurezza e paura sono diventate quotidiane. Anche noi possiamo esserne contagiati in qualche modo. La nostra fede cosa ci dice su quello che succede nel mondo e dentro di noi?
  2. Siamo dissipati, ci ubriachiamo, siamo affannati. A volte non ci accorgiamo di esserci allontanati da noi stessi, dal nostro vero bene, dai fratelli e dal Signore.
  3. Possiamo sentirci comodi nella nostra casa di questo mondo, ma sappiamo bene che non è definitiva. Molto spesso sperimentiamo il rischio di diventare schiavi di qualche cosa, di qualche persona o anche di noi stessi. Solo il Signore ci rende liberi, per vivere nella verità e fino in fondo la bellezza di questa vita e per aprirci al desiderio dell’incontro definitivo con lui.
  4.  

    Vegliare e pregare: sono intrecciati desiderio e attesa, alimentati dalla fede in Gesù, dall’amore per Dio e i fratelli, dalla speranza certa che abbiamo già un posto preparato per noi in Paradiso.

PROPOSTA DI IMPEGNO PER LA SETTIMANA

Riconosciamo qualcosa che ci dissipa, ci ubriaca o ci rende affannati e combattiamolo con decisione.


Tratto da: Messale delle domeniche e delle feste – Elledici – 2018

Pubblicato il

5. Perdono e Preghiere dei Fedeli – 28 novembre 2021

28 novembre 2021

1ª DOMENICA DI AVVENTO C

Alzate il capo, la vostra liberazione è vicina

RICHIESTA DI PERDONO

  • Signore Gesù, Figlio del Padre, tu che sei venuto nel mondo per salvarci, abbi pietà di noi.
  • Cristo, luce che riscalda e illumina, tu che ci rendi fedeli e attenti alla tua parola, abbi pietà di noi.
  • Signore Gesù, che vuoi essere atteso con la cintura ai fianchi e la lucerna accesa, abbi pietà di noi.

PREGHIERA UNIVERSALE

Celebrante. Fratelli e sorelle carissimi, la parola di Dio ci invita a rimanere svegli e a pregare in ogni tempo. In comunione con tutta la Chiesa, affidiamo a Dio nella preghiera questo tempo di grazia.

Vieni, Signore Gesù, e mantienici saldi nell’attesa.

  • Per la Chiesa di Dio, perché sappia ricordare alla gente del nostro tempo che il Signore ci viene incontro ogni giorno e dobbiamo accoglierlo nella fedeltà, preghiamo.
  • Per i politici e gli amministratori della cosa pubblica, perché attenti ai segni della storia e alla parola di Dio, si impegnino a rinnovare la nostra convivenza segnandola di solidarietà e giustizia, preghiamo.
  • Per chi è deluso e non si aspetta più nulla dalla vita, perché trovi nella nostra comunità sostegno, vicinanza, affetto sincero, preghiamo.
  • Per tutti noi, affinché il Signore Gesù ci renda buoni compagni di viaggio in questo tempo di attesa della sua venuta, preghiamo.

Celebrante. O Padre, non manchi mai nei nostri giorni il senso vero e profondo della vita. In questi giorni di Avvento rendici vigilanti e generosi nell’attesa della venuta tra noi del Figlio tuo Gesù, che vive e regna nei secoli dei secoli.

 

 

 

Pubblicato il

6. Vignetta di RobiHood – 28 novembre 2021

28 novembre 2021

1ª DOMENICA DI AVVENTO C

Alzate il capo, la vostra liberazione è vicina

Per scaricare sul tuo pc l’immagine in formato grande e colorabile,
cliccaci sopra col tasto destro del mouse e scegli “Salva immagine con nome“.

 


Pubblicazioni di Roberto Benotti (RobyHood) presso Elledici:

Laudato sii

Ancilla Domini

Un anno straordinario

Sorrisi divini

I Love Francesco

Pubblicato il

3. Annunciare la Parola – 21novembre 2021

21 novembre

34ª DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Gesù Cristo re dell’universo

Proclamiamo la regalità di Cristo

PER RIFLETTERE E MEDITARE

La festa di Cristo Re è stata voluta da Pio XI nel 1925, mentre l’Europa si trovava sotto terribili dittature. Con questa decisione forse il Papa intendeva ridimensionare il potere dei sovrani di questo mondo, per renderli consapevoli che avrebbero dovuto rendere conto delle loro scelte al vero Sovrano dell’universo. Certo, il clima oggi è profondamente cambiato rispetto al 1925, ma Gesù continua ancora oggi a proporre il suo modello di vita perché i rapporti tra le nazioni e tra le persone siano segnati da rispetto e fraternità.

Regalità di Gesù
Sin dalle tentazioni nel deserto Gesù rifiuta sistematicamente potere, gloria e onori. C’è un’occasione in cui la folla vuole proclamarlo re, dopo quella moltiplicazione dei pani e dei pesci che ha impressionato migliaia di persone. Ė stato un momento trionfale e Gesù si è rivelato a loro con una chiarezza sorprendente, chiedendo di essere accolto nella sua vera identità. Ma la gente non capisce. Cerca un re terreno, che garantisca a loro il pane.
Gesù si ritira in preghiera. Gli stessi apostoli, che hanno subìto il suo fascino, si stupiscono di questo suo modo di comportarsi e lo verrebbero diverso. Gli dicono: «Tutti ti cercano…» (Mc 1,37). Ma Gesù li invita ad andare altrove, a costruire altrove il suo regno.
Gesù rifiuta di essere chiamato re, ma per ben 35 volte nel Nuovo Testamento viene detto «re» e altre dodici volte figlio di Davide. Già prima che nasca, l’angelo dice a Maria: «Il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine» (Lc 1,28-33).

 Gesù davanti a Pilato
Solo davanti a Pilato Gesù non nega la sua regalità. Al governatore che gli dice: «Dunque tu sei re?», Gesù risponde: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo». Ma aggiunge: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù» (Gv 18,36-37). Gesù afferma la propria regalità nel momento in cui è più indifeso. Dopo che i soldati lo hanno arrestato e legato, dopo che Anna e Caifa lo hanno già fatto fustigare e Erode lo ha deriso come un re da burla e i soldati di Pilato lo hanno umiliato e maltrattato. Eppure Pilato prende sul serio le parole di Gesù e sembra convinto della sua innocenza. Il dialogo tra Gesù e Pilato è costruito con grande abilità narrativa, quasi cinematografica. Pilato rappresenta il potere romano e non ha simpatia per gli ebrei. Capisce che c’è sotto un pretesto per condannare Gesù e farebbe volentieri un dispetto alle autorità che glielo hanno consegnato. E sulla croce farà mettere in tre lingue (ebraico, latino e greco), la motivazione della condanna, che proclama la regalità di Gesù, senza cedere alla richiesta di cambiarla: «Quel che ho scritto, ho scritto».

Discepoli di Cristo re
Negli anni della proclamazione della festa di Cristo Re, i giovani di Azione Cattolica hanno cominciato a salutarsi con l’espressione «Cristo regni!» e a ogni manifestazione di massa si sentiva il canto «Noi vogliam Dio che è nostro Padre, noi vogliam Dio che è nostro Re!». E con questo saluto si sentivano alla difesa della Chiesa e del Papa, testimoniando apertamente la loro fede.  Ma che significa per noi oggi affermare che Cristo è nostro re? Che vuol dire mettersi al seguito di un re così diverso da chi governa questo mondo?
Non certo rifacendoci ai tanti sovrani della storia, dai reali d’Italia a quelli d’Inghilterra, di Spagna e di ogni altra nazione, nel passato e nel presente. Pensando a loro non possiamo che sorridere. Ci hanno mostrata spesso un’umanità debole e ferita, vivendo nella sfacciataggine del lusso, in scelte di vita lontane da quelle del popolo.
ùLa regalità di Gesù invece si è espressa al contrario, abbassandosi fino a lavare i piedi ai suoi apostoli. Si è rivelata nel comandamento dell’amore: «Gesù mi ha amato e ha dato se stesso per me», dirà san Paolo (Gal 2,20).
Ha vissuto la sua regalità nella sovrana libertà di fronte agli uomini e alle cose, non lasciandosi mai comprare o sottomettere da nessun potere. Non ha amato la violenza, non ha fatto dei suoi seguaci dei soldati. A Pietro che pare disposto a tutto quando vengono a prendere Gesù nel Getsemani, dice di riporre la spada. Imitarlo oggi nella libertà vuol dire custodire la nostra persona per le cose che contano, costruire come lui rapporti improntati unicamente sulla verità.
Più che alla sua regalità, Gesù ha pensato alla costruzione del regno di Dio. Un regno che è già presente tra noi come un seme ed è destinato a crescere. Grazie al nostro impegno e allo sforzo di tutti, potrà eliminare le disuguaglianze, la povertà, la fame, le ingiustizie, le malattie. Questo vuol dire concretamente assumere (o riassumere) oggi ruoli di appartenenza, di comunione e di servizio all’interno della nostra comunità, chiamata a essere visibilmente il regno di Dio. Chiesa chiamata continuamente a purificarsi, perché «La Chiesa non nacque principato, ma per essere – contro il principe del mondo – universale rivoluzione» (Gilbert Keith Chesterton).

UN FATTO – UNA TESTIMONIANZA

Scrive Carlo Carretto: «Cercavamo un Dio potente, un Dio che ci risolvesse i problemi, un Dio che eliminasse i cattivi, che vincesse i nemici in modo visibile a tutti. E invece? Apparve come un bambino. Si realizzò come un povero operaio, non si servì del divino per trovare il pane. Non si alleò coi potenti per dominare i popoli. Non si buttò giù dal tempio per fare i miracoli inopportuni che noi attendevamo per aumentare le nostre sicurezze. Quando venne la prova non scappò. E non si fece nemmeno aiutare dai suoi angeli. Come uomo, uomo vero, uomo uomo, accettò il processo, accettò la condanna, prese la croce sulle spalle, marciò piangendo verso il luogo dei cranio dove stava per essere crocifisso».

Pubblicato il

4. Parola da Vivere – 21 novembre 2021

21 novembre

34ª DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Gesù Cristo re dell’universo

Proclamiamo la regalità di Cristo

COMMENTO

Il brano di questa domenica fa parte del processo davanti a Pilato, che per l’evangelista, prima della crocifissione, è il centro della passione. In esso Gesù viene riconosciuto più volte innocente, si dichiara re e viene incoronato, come burla per i soldati, ma in segno di verità per Giovanni.
In questo brano il regno più potente sulla terra, Roma, viene messo a confronto con il potere divino. Pilato ci tiene a celebrare il potere romano quando rifiuta di giudicare Gesù sulle accuse dei Giudei e si presenta come rappresentante dell’imperatore. Per il diritto romano, chi si dichiarava re commetteva un reato di lesa maestà, quindi era meritevole di morte.
Gesù spiega a Pilato (e Giovanni spiega all’impero romano) che la sua regalità non appartiene a questo mondo, non si pone in alternativa ai regni terreni.
Dire che il suo regno non è di questo mondo, non significa affermare che sia estraneo, anzi dichiara il primato di Dio su tutta la realtà terrena. E questo non per contrapporre cielo e terra, bensì per promuovere l’umanizzazione dei regni, che si succedono nella storia, e per la salvezza dei popoli. La frase sui servitori che avrebbero combattuto serve per dimostrare che Gesù non ha esercito e quindi non aspira a domini terreni.
Sulla propria regalità però Gesù dà una risposta precisa e inequivocabile: «Io sono re». Quello che dice dopo serve far capire che tipo di re egli sia.
E a questo punto parla della verità.
Nel vangelo di Giovanni la “verità” ha un significato molto ricco e complesso. La verità è ciò che il Padre vuole comunicare agli uomini, perché sappiano chi è lui e chi sono loro; la verità è tutto ciò che Gesù insegna, per far conoscere il Padre e se stesso; la verità è ciò che lo Spirito Santo farà comprendere a tutti coloro che si lasciano guidare da lui; la verità è Gesù stesso in persona, il Figlio di Dio fatto uomo, che “contiene” in sé tutta la realtà divina e tutta la realtà umana. Gesù, quindi, sintetizza la propria missione dicendo che è venuto «per dare testimonianza alla verità», cioè per far conoscere se stesso e il Padre e, attraverso questa conoscenza esperienziale e interiore, comunicare la salvezza, cioè la vita stessa di Dio.
È chiaro che Pilato non poteva comprendere tutto questo e l’evangelista lo sa, come lo sapeva Gesù. Difatti la risposta di Pilato, che non è riportata qui, è stata: «Che cos’è la verità?», che non è precisamente una domanda per sapere, ma una domanda di chi pensa che non ci sia risposta possibile. Povero Pilato, non si accorge che la verità ce l’ha proprio davanti!
C’è una verità che dice la corrispondenza tra la realtà e la sua comunicazione, verbale e non, ed è nelle nostre mani. Ma c’è una verità che rende visibile e comprensibile la realtà di Dio e quella dell’uomo: è Cristo stesso in persona e la riceviamo per rivelazione. In questo mondo sembra non esserci posto né per l’una né per l’altra verità. La Chiesa e ogni cristiano sono quindi impegnati a manifestare la verità che è Cristo incarnato, a dire la verità e a smascherare ogni menzogna, senza paura, anche a rischio di persecuzione. I compromessi, per quanto ragionevoli e prudenti possano essere considerati, non vanno d’accordo con il re coronato di spine.
Chi, come Pilato, vuole giudicare le cose di Dio e le profondità dell’uomo con la misura del potere terreno fa errori sempre molto grossi, perché ferisce le persone e stravolge il senso ultimo e primo delle realtà umane e della vita stessa. Un giudizio, su qualunque realtà, che sia chiuso solo nell’orizzonte terreno è sempre parziale e corre anche il rischio di essere sbagliato. È come dire che Gesù Cristo non può essere messo fuori da nessuna realtà che riguardi l’uomo.

SPUNTI PER L’ATTUALIZZAZIONE E LA PREGHIERA

  1. Il potere di Pilato è per la morte (è il potere del denaro e delle armi, che sperimentiamo ancora oggi); il potere di Gesù è per la vita (è il potere dell’amore che si fa dono e servizio). Tutti abbiamo un potere, piccolo o grande, non importa. Ci chiediamo: il nostro potere cosa porta alle persone con cui entriamo in relazione, morte o vita?
  2. Pilato sembra più curioso, per capire chi sia Gesù, che giudice. Anche noi siamo curiosi di conoscere di più e meglio il Signore. Certamente ci aiuterà a capire di più noi stessi e la nostra vita.
  3. Il Regno di Gesù non è di questo mondo, ma vuole essere presente in mezzo a noi, per mettere in crisi i regni terreni e renderli almeno più umani. Possiamo sperare di essere riusciti a dare spazio al Regno di Dio nel nostro pezzo di mondo? Ma l’opera non è finita e nessuno può sedersi. Don Bosco amava dire: ci riposeremo in Paradiso…, ma santa Teresina lo ha smentito: non voleva riposarsi, ma lavorare di più e meglio.
  4. La verità sembra non avere casa nel nostro mondo. Cristo però continua a parlare, è lui la verità. Vogliamo ascoltarlo e seguirlo. È l’unico modo per diventare liberi dalle falsità che ci portano fuori strada e fuori di testa.

PROPOSTA DI IMPEGNO PER LA SETTIMANA

Impegniamoci ad essere testimoni della verità, parlando di Gesù e non dicendo bugie.


Tratto da: Messale delle domeniche e delle feste – Elledici – 2018