Pubblicato il

5. Perdono e Preghiere dei Fedeli – 18 aprile 2021

18 aprile

3ª DOMENICA DI PASQUA

Guardate le mie mani e i miei piedi, sono proprio io!

RICHIESTA DI PERDONO

  • Signore Gesù, perdona la nostra debole fede di fronte ai tuoi messaggi di bellezza, abbi pietà di noi.
  • Cristo, trasforma i nostri dubbi e le nostre paure, nella certezza della tua risurrezione, abbi pietà d noi.
  • Signore, perdonaci quando rifiutiamo di trovarci con gioia nella comunità e di condividere la nostra fede, abbi pietà di noi

PREGHIERA UNIVERSALE

Celebrante. Fratelli e sorelle carissimi, Gesù ricompone tutto: reintegra nella loro posizione gli apostoli e li riconferma nel compito di continuare l’esperienza evangelica. Così fa con noi. Preghiamo e diciamo:

Mostrati, Signore, ai nostri occhi.

  • Per la Chiesa e i vescovi, i sacerdoti, i diaconi, i catechisti e per quanti sono chiamati a testimoniare in modo vivo la risurrezione del Signore, preghiamo.
  • Per i politici e per quanti occupano posti di responsabilità a servizio della società, perché aprano il loro cuore a prospettive di un mondo nuovo, preghiamo.
  • Per chi partecipa all’Eucaristia, affinché la Parola ascoltata e l’incontro con Gesù siano l’alimento quotidiano della loro fede, preghiamo.
  • Per noi che ci rallegriamo per la sorprendente risurrezione di Gesù, perché sia sempre la fonte di ogni nostra certezza e di ogni nostra gioia, preghiamo.

Celebrante. Apri il nostro cuore, o Signore Gesù, alla tua Parola e trasforma ogni nostra delusione nella gioia della tua presenza tra noi. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli.

 

Pubblicato il

6. Vignetta di RobiHood – 18 aprile 2021

18 aprile

3ª DOMENICA DI PASQUA

Guardate le mie mani e i miei piedi, sono proprio io!

per scaricare sul tuo pc l’immagine in formato grande e colorabile,
cliccaci sopra col tasto destro del mouse e scegli “Salva immagine con nome“.

 


Pubblicazioni di Roberto Benotti (RobyHood) presso Elledici:

Laudato sii

Ancilla Domini

Un anno straordinario

Sorrisi divini

I Love Francesco

Pubblicato il

3. Annunciare la Parola – 11 aprile 2021


11 aprile

2ª DOMENICA DI PASQUA

Della divina misericordia

La fede difficile di Tommaso

PER RIFLETTERE E MEDITARE

L’attenzione di questa domenica è ancora tutta puntata sulle apparizioni pasquali. Gesù soffia sugli apostoli (è un soffio di vita, come nella Genesi) e infonde su di loro lo Spirito Santo, che li autorizza a rimettere i peccati. Viene messa nelle loro mani l’opportunità di una vita nuova, di una nuova rinascita, attraverso il ministero degli apostoli e dei loro successori.

Domenica in albis e della misericordia
Oggi è la Domenica «in albis». Nei primi tempi della Chiesa il battesimo era amministrato durante la notte di Pasqua, e i nuovi battezzati indossavano una tunica bianca che portavano poi per tutta la settimana successiva, fino alla prima domenica dopo Pasqua, detta perciò «domenica in cui si depongono le vesti bianche» (in albis depositis).
Per iniziativa di san Giovanni Paolo II, nella Domenica «in albis» la Chiesa celebra la «Divina Misericordia di Dio». Con questa festa papa Wojtyla ha accolto il desiderio di Gesù stesso che nel 1931, apparendo in una visione privata alla suora polacca suor Faustina Kowalska, proclamata santa dallo stesso Giovanni Paolo II, chiese l’istituzione della festa proprio nei giorni in cui Gesù esercitava la piena misericordia nei confronti dei suoi apostoli, reintegrandoli integralmente nella missione.

Il dono della pace e del perdono
Gesù si presenta agli apostoli salutandoli nel segno della pace e si presenta mite e accogliente. Nessun desiderio di vendetta nei confronti della loro durezza di cuore, della vigliaccheria, della loro paura, e della loro fatica a credere nella sua presenza di risorto. Gesù dà inizio a qualcosa di nuovo nella esperienza degli apostoli: lo Spirito Santo che scenderà su di loro li renderà protagonisti e testimoni coraggiosi dell’esperienza vissuta da Gesù.Incontro dopo incontro, la loro paura e l’incertezza si trasformano in gioia entusiasmante. Si prolunga per alcune settimane l’esperienza del tempo vissuto insieme: Gesù mangia con loro e li rassicura: «Guardate, toccate, non sono un fantasma». Continua a istruirli e a esortarli alla missione: «Come il Padre ha mandato me, così io mando voi».
Gesù ricupera l’incredulità di Tommaso, che lo sfida e non crede nella testimonianza degli altri apostoli. Tommaso ha paura di venire disilluso, di essere ingannato. Lui, che probabilmente aveva  sofferto più degli altri per la tragica e inaspettata morte in croce di Gesù. Messo di fronte al fatto della risurrezione, non ci vuole credere: teme di dover provare altre delusioni. Ma quando Gesù gli si presenta mostrando le piaghe e il costato aperto, si convince di non avere mai veramente dubitato ed esce nel più bell’atto di fede: «Mio Signore e mio Dio!».

La fraternità della prima comunità
Nasce a Pasqua il dono della comunione fraterna. Ed è quella che realizza ed esprime la prima comunità cristiana, così come viene descritta nella prima lettura. Un legame di amore che nasce dalla fede, non da sola solidarietà umana. Una fede viva che è collante potente, capace di fondere gli animi e di superare ogni divisione.
La comunità nata dalla predicazione degli apostoli, pur essendo «moltitudine», vive un’ammirabile comunione fraterna, radicalizza la scelta della povertà, vista come scelta di fraternità: tiene tutto in comune, fa in modo che nessuno della comunità sia nel bisogno. Si tratta però di scelte profetiche, che acquistano per noi un carattere di segno, di punto di riferimento.
Si dice inoltre che la comunità cristiana veniva guardata con simpatia. È stata questa una nota caratteristica dei primi cristiani. Essi «godevano il favore di tutto il popolo» (At 2,47) perché erano unanimi e concordi, erano nella gioia e vivevano nella semplicità di cuore.
Non sempre oggi è la simpatia la caratteristica dominante dei cristiani. La loro rigidità morale li rende talvolta freddi e poco espansivi. L’attaccamento alla dottrina poi li fa diventare a volte poco disponibili e poco aperti al dialogo. I loro pensieri rivolti quotidianamente alle cose spirituali e dottrinali li possono fare apparire poco sensibili ai problemi più comuni e alle lotte quotidiane.
Eppure il cristiano deve sforzarsi di diventare radicalmente simpatico: nel senso che non può rifiutare di entrare in sintonia con gli altri. Dovrebbe farlo anche per non correre il rischio di vedersi respingere per colpa propria ciò che predica e ciò che si sforza di testimoniare.
Come si vede, sono tanti gli stimoli per vivere in pienezza questa domenica.
Tommaso in particolare ci ricorda che, come ha fatto Gesù, la comunità cristiana deve essere aperta anche nei confronti di chi fa fatica a credere, superando la tentazione di trasformarsi in ghetto o di realizzare una comunità di perfetti. Saper attendere e rispettare il ritmo di maturazione alla fede di ognuno fa parte della vera fraternità.

UN FATTO – UNA TESTIMONIANZA

«Siamo una comunità cosciente di professare un’unica fede di avere un medesimo codice di vita e di sentirsi legata dalla stessa speranza. I depositi versati nella nostra cassa comune sono ispirati dalla carità: non si va a riscuotere denaro per banchetti, gozzoviglie, bicchierate, ma per sostenere i poveri, per aiutare ragazzi e ragazze senza beni e senza genitori, per i servi in pensione e i naufraghi. Adottiamo come se fossero figli nostri i condannati ai lavori forzati nelle miniere, i confinati nelle isole e i relegati nelle prigioni, se si trovano in questa condizione a motivo della loro fede. Vedi come si amano tra loro, dicono. Vedi come sono pronti a morire l’uno per l’altro!» (Tertulliano).

Pubblicato il

4. Parola da Vivere – 11 aprile 2021

11 aprile

2ª DOMENICA DI PASQUA

Della divina misericordia

La fede difficile di Tommaso

COMMENTO

Tutti gli evangelisti, e anche Giovanni, ci tengono a dire due cose, altrettanto decisive, sulla risurrezione di Gesù: è sempre lui in carne ed ossa, per questo lo si può toccare, mangia, mostra le ferite, cammina…; ma è in una condizione nuova e diversa, per questo si presenta all’improvviso, entra a porte chiuse, scompare… È risorto alla vita definitiva, la morte non può più toccarlo. A Giovanni, però, non interessano tanto i segni materiali, ma vuole farci vedere come il Signore realizza le promesse fatte nell’ultima cena, affinché i discepoli credano in lui e condividano la sua vita.
Infatti nello stesso giorno di Pasqua Gesù viene e affida agli apostoli la missione di continuare a rendere visibile l’amore del Padre nel mondo; per questo dona loro lo Spirito Santo, che li sosterrà nella missione; essi avranno a disposizione gli stessi poteri di Gesù, di cui il perdono dei peccati è un’espressione tipica.
Gesù lega il perdono alla comunità dei discepoli. Perché? Non bastano la sua presenza di risorto e l’azione dello Spirito Santo?
Lui ha perdonato visibilmente i peccatori che ha incontrato. Questo perdono deve continuare a essere sperimentabile, perché noi uomini non viviamo solo nella dimensione spirituale e abbiamo bisogno di segni visibili della presenza misericordiosa di Gesù in mezzo a noi. Per questo esistono i sacramenti, che sono segni visibili di una realtà spirituale, e per questo invisibile, che è l’amore di Dio che ci salva, attraverso Gesù. E allora, è il dono dello Spirito del Padre e del Figlio che rende la Chiesa capace di continuare visibilmente la missione di Gesù sulla terra e quindi di perdonare i peccati, in maniera esperienziale. Data la delicatezza e l’importanza del perdono dei peccati, commessi dai fedeli dopo il Battesimo, si capisce facilmente perché la Chiesa ha avuto bisogno di darsi una regola. Il potere di rimettere i peccati è di tutta la Comunità, ma, nel sacramento della riconciliazione, è esercitato prima dai Vescovi, successori degli apostoli, e poi dai presbiteri, loro collaboratori.
E veniamo a Tommaso: è “Dìdimo”, cioè, gemello di tutti noi che abbiamo difficoltà a credere. Egli aveva deciso di seguire Gesù fino alla morte (cfr Gv 11,16), però, quando gli amici gli dicono di aver visto Gesù, ha una reazione comprensibile, ma di poca fede. In realtà aveva diritto di vedere Gesù, come gli altri, perché doveva essere anche lui testimone diretto della risurrezione, e per questo il Signore lo accontenta. La risposta di Tommaso, «Mio Signore e mio Dio!», è di una fede totale e perfetta, ma ha attraversato il dubbio sulla testimonianza dei suoi amici. Gesù riconosce la fede di Tommaso, però dichiara beati coloro che crederanno senza aver visto, cioè tutti i credenti che poggiano la loro fede sui testimoni del Risorto.
Io ritengo che Tommaso non abbia messo le mani nelle ferite di Gesù, gli è bastato vederlo per prostrarsi ai suoi piedi. Ma noi lo ringraziamo lo stesso, per aver fatto la nostra parte di fronte all’avvenimento più grande e più incredibile della storia, che abbraccia e supera tutta la storia e si immerge nell’eternità.

SPUNTI PER L’ATTUALIZZAZIONE E LA PREGHIERA

  1. Gesù realizza le sue promesse e noi possiamo gustarle nella comunità. Anche noi abbiamo fatto delle promesse al Signore e le facciamo ai nostri fratelli. Proviamo a verificare la realizzazione delle nostre promesse al Signore e ai fratelli.
  2. Gesù offre la pace ai suoi amici, che nella passione lo avevano lasciato solo. Facendo il primo passo, magari faticoso, abbiamo da offrire la pace a chi ci ha fatto un torto?
  3. Il perdono è una questione comunitaria, perché il nostro peccato non offende solo Dio, ma anche i fratelli. Oltre che ricevere il perdono del Signore nella Riconciliazione, ci tocca anche chiedere perdono alla comunità e ai fratelli che abbiamo offeso.
  4. La nostra fede è fondata sulla testimonianza degli apostoli. Abbiamo occhi attenti e cuore aperto di fronte alla testimonianza di fede dei nostri fratelli? Abbiamo il coraggio e la gioia di offrire ai fratelli la testimonianza della nostra fede, anche se piccola?

PROPOSTA DI IMPEGNO DELLA SETTIMANA

Abbiamo ricevuto in molti modi la misericordia di Dio, impegniamoci a essere misericordiosi con chi ci fa un torto


Tratto da: Messale delle domeniche e delle feste – Elledici – 2018

Pubblicato il

5. Perdono e Preghiere dei Fedeli – 11 aprile 2021

11 aprile

2ª DOMENICA DI PASQUA

Della divina misericordia

La fede difficile di Tommaso

RICHIESTA DI PERDONO

  • Padre, la tua misericordia è più grande della nostra infedeltà, abbi pietà di noi.
  • Cristo, che sulla croce hai perdonando al buon ladrone e gli hai aperto il Paradiso, abbi pietà di noi.
  • Spirito Santo, rendici consapevoli e pentiti per la debolezza della nostra fede: abbi pietà di noi.

PREGHIERA UNIVERSALE

Celebrante. Come la prima comunità cristiana, anche noi siamo qui riuniti in preghiera e invochiamo la bontà del Padre. Preghiamo insieme e diciamo:

Donaci, o Padre, la tua misericordia.

  • Per la Chiesa sparsa nel mondo, perché, pur nella diversità dei vari contesti culturali e sociali, costruisca nell’unità e nella fraternità la propria testimonianza, preghiamo.
  • Per tutti coloro che sono impegnati a costruire la giustizia, il rispetto delle diversità, la difesa delle categorie più svantaggiate, perché sentano la forza dello Spirito che li sollecita a non perdersi di coraggio, preghiamo.
  • Per chi ha difficoltà a credere, per chi ha smarrito la fede per le prove della vita, per chi non riesce ad accettare la nostra testimonianza: il Signore risorto mostri loro le sue piaghe aperte, come ha fatto con Tommaso, preghiamo.
  • Per tutti noi che stiamo celebrando questa Eucaristia, perché a partire dal Pane Eucaristico, diventiamo insieme costruttori di fraternità nella nostra comunità, preghiamo.

Celebrante. Padre del Signore Gesù, morto e risorto per noi, ascolta la preghiera della tua famiglia e rinnova nella nostra comunità i prodigi del tuo amore. Per Cristo nostro Signore.

 

Pubblicato il

6. Vignetta di RobiHood – 11 aprile 2021

11 aprile

2ª DOMENICA DI PASQUA

Della divina misericordia

La fede difficile di Tommaso

per scaricare sul tuo pc l’immagine in formato grande e colorabile,
cliccaci sopra col tasto destro del mouse e scegli “Salva immagine con nome“.

 


Pubblicazioni di Roberto Benotti (RobyHood) presso Elledici:

Laudato sii

Ancilla Domini

Un anno straordinario

Sorrisi divini

I Love Francesco

Pubblicato il

Veglia pasquale – 3 aprile 2021

3 aprile

VEGLIA DI PASQUA

Cristo è la nostra Pasqua

Nella solennità di questa Notte Santa facciamo memoria della risurrezione di Cristo, centro, fondamento e culmine della nostra fede e della nostra speranza. La comunità cristiana – perdonata, purificata e redenta dal mistero della sua passione e morte – testimonia ora la sua fede: il Signore è veramente risorto! I nuovi battezzati sono “illuminati” e per questo resi capaci di diffondere a ogni uomo la luce della speranza, della libertà e dell’amore.
ùQuesta nostra celebrazione pasquale trova il suo culmine nel banchetto eucaristico. Il Pane e il Vino vengono offerti in questa notte dalla Chiesa, che rinnova le parole e il sacrificio di Cristo e l’alba della sua risurrezione.

LITURGIA DELLA PAROLA

 Le sette letture, tratte dall’Antico Testamento, ci fanno percorrere in una breve sintesi la storia della salvezza. Anche la nostra vita cristiana fa parte di questa grande storia iniziata da Dio fin dalla creazione. La lettera di Paolo ai Romani ci rimanda al nostro battesimo. L’evangelista Marco, pur nella brevità del suo racconto, ci ricorda che questa è una notte di luce. La notte, simbolo e figura della morte, viene sconfitta da questa tomba vuota. Le tenebre del peccato sono attraversate dalla luce della risurrezione.

 PRIMA LETTURA

Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona.                  

È il racconto dei sei giorni della creazione da parte di Dio: il dono della terra e di tutto ciò che vive in essa e la circonda. Al culmine, la creazione dell’uomo e della donna. Troviamo più volte ripetuta l’espressione: «E Dio vide che era cosa buona», quasi a esprimere la gioia stessa di Dio che si compiace di ciò che ha creato. Il settimo giorno Dio si riposa e l’uomo e la donna sono chiamati a riconoscere l’azione creatrice divina, vivendo per lui il settimo giorno come giorno di riposo e di festa.

Dal libro della Genesi.                                                                                                   Gn 1,1−2,2

 SALMO RESPONSORIALE                                                                Dal Salmo 103 (104)

Il salmista loda il Creatore e invita a glorificarlo per la bellezza e ricchezza di tutto ciò che esiste e che Dio ha donato all’umanità.

Rit. Manda il tuo Spirito, Signore, a rinnovare la terra.

Oppure:                                                                                                               Dal Salmo 32 (33)

Il salmista innalza un inno di lode alla potenza creatrice di Dio e alla fortuna di Israele di essere il popolo eletto. Esso conferma la sua fedeltà a Dio.

Rit. Dell’amore del Signore è piena la terra.

 SECONDA LETTURA

Il sacrificio di Abramo, nostro padre nella fede.                                             

Il peccato ha distrutto i progetti di Dio, che però non si arrende e li ripropone nuovamente con Abramo. Mentre Adamo ed Eva furono disobbedienti, Abramo dà prova di una fedeltà senza misura, al punto di non negare a Dio il proprio figlio Isacco. Su questa fede grande Dio dà inizio al nuovo popolo di Israele.

 Dal libro della Genesi.                                                                                                   Gn 22,1-18

 SALMO RESPONSORIALE                                                                    Dal Salmo 15 (16)

È il Signore che dà la forza e il coraggio di proseguire nel nostro cammino. Egli non ci abbandona.

Rit. Proteggimi, o Dio: in te mi rifugio.

 TERZA LETTURA

Gli israeliti camminarono all’asciutto in mezzo al mare.                       

È il racconto del grandioso passaggio del Mar Rosso, esperienza di liberazione da parte di un popolo schiavo. È l’epopea biblica, la celebrazione della prima Pasqua, di cui ogni anno gli ebrei faranno memoria.

 Dal libro dell’Esodo.                                                                                                 Es 14,15−15,1

 SALMO RESPONSORIALE                                                                    Da Esodo 15,1-18

Il salmo rilegge le vicende dell’esodo, quando Dio ha miracolosamente salvato il popolo eletto in fuga dall’Egitto, e invita a lodarlo per il suo prodigioso intervento.

Rit. Cantiamo al Signore: stupenda è la sua vittoria.

QUARTA LETTURA

Con affetto perenne il Signore, tuo redentore, ha avuto pietà di te.             

Con questo testo del secondo Isaia iniziano le parole trasmesse al popolo dai profeti, che annunciano l’amore perenne di Dio, che si ripropone nonostante l’infedeltà del popolo. Con immagini ardite, viene affermato l’amore incrollabile di Dio, che si manifesta al popolo dei salvati con la tenerezza che un uomo prova verso la «donna sposata in gioventù».

Dal libro del profeta Isaia.                                                                                              Is 54,5-14

SALMO RESPONSORIALE                                                                     Dal Salmo 29 (30)

Ringraziamento individuale per la salute ritrovata. Anche il popolo di Israele può leggere la sua storia nello stesso modo, essendo passato dalla schiavitù alla salvezza.

Rit. Ti esalterò, Signore, perché mi hai risollevato.

QUINTA LETTURA

Venite a me e vivrete; stabilirò per voi un’alleanza eterna.   

Ancora parole profetiche di speranza, esortazioni dettate dall’amore di Dio verso il suo popolo. Annunci di speranza fondati sulla parola del Signore, che non cade mai sulla terra «senza aver compiuto ciò per Dio cui l’ha mandata».

 Dal libro del profeta Isaia.                                                                                              Is 55,1-11

SALMO RESPONSORIALE                                                                                      Da Isaia 12,2-6

Tutta la comunità loda il suo Signore: è lui la salvezza, è lui che dobbiamo ringraziare per le opere meravigliose del suo amore.

Rit. Attingeremo con gioia alle sorgenti della salvezza.

SESTA LETTURA

Cammina allo splendore della luce del Signore.                                    

Gli israeliti sono in terra straniera e il profeta li invita a fidarsi di Dio, a imparare la prudenza, a usare l’intelligenza per riconoscere il comportamento intelligente e saggio della natura, che, per raggiungere i propri fini risponde ai comandi di Dio. Così dovrebbe fare ogni uomo, aprendosi alla sapienza, lasciandosi guidare dalla legge del Signore.

 Dal libro del profeta Baruc.                                                                  Bar 3,9-15.32−4,4

 SALMO RESPONSORIALE                                                                     Dal Salmo 18 (19)

Il salmista ringrazia Dio per il dono della legge. Riconosce la sua perfezione, afferma che è fonte di vita nuova e preziosa.

Rit. Signore, tu hai parole di vita eterna.

SETTIMA LETTURA

Vi aspergerò con acqua pura e vi darò un cuore nuovo.       

Ezechiele profetizza la purificazione definitiva della casa d’Israele, per iniziativa e fedeltà di Dio a se stesso. Aspersi con acqua pura, ricevono «un cuore nuovo» e una speciale infusione dello spirito. Anche noi questa notte chiediamo a Dio che trasformi il nostro «cuore di pietra» in un «cuore di carne, e faccia di noi il popolo di Dio.

 Dal libro del profeta Ezechiele.                                                                    Ez 36,16-17a.18-28

 SALMO RESPONSORIALE                                                      Dai Salmi 41–42 (42–43) 

Nostalgia di Dio, nostalgia del tempio. Il desiderio del salmista è di potersi riavvicinare a Gerusalemme e di poter partecipare alle sue stupende liturgie.

Rit. Come la cerva anela ai corsi d’acqua, così l’anima mia anela a te, mio Dio.

 

Oppure (quando si celebra il battesimo):                                                         Da Isaia 12,2-6

Questo brano di Isaia e un canto di lode e di ringraziamento a Dio per le meraviglie che ha operato, soprattutto per la misericordia verso tutta l’umanità.

Rit. Attingeremo con gioia alle sorgenti della salvezza.

EPISTOLA

Cristo risorto dai morti non muore più.             

Con l’apostolo Paolo vogliamo penetrare più profondamente nel mistero di questa notte, sul dono della risurrezione e quello del battesimo, che ci coinvolgono nell’esperienza di Gesù. Nel battesimo muore il nostro uomo vecchio, che viene «crocifisso» e sepolto insieme a lui. Siamo liberati dal peccato per vivere la vita nuova in Gesù Cristo. «Nuovi» per dono, in forza della sua morte e risurrezione.

 Dalla lettera dell’apostolo Paolo ai Romani.                                                 Rm 6,3-11

 SALMO RESPONSORIALE                                                            Dal Salmo 117 (118)

Un inno pieno di entusiasmo alla bontà del Signore, al suo amore che non viene meno.

Al riconoscimento di Gesù, pietra angolare della storia della salvezza.

Rit. Alleluia, alleluia, alleluia.

VANGELO

È risorto e vi precede in Galilea.       

Gesù appare alle donne che corrono al sepolcro all’alba del primo giorno della settimana. Essi intendono prendersi cura di un cadavere, ma sono coinvolte in segni straordinari: la terra si scuote si presenta un angelo dall’aspetto di folgore e dal vestito bianco come neve che le induce a farsi testimoni della risurrezione. Poi Gesù stesso si presenta a loro e le manda agli apostoli.

Dal vangelo secondo Matteo.                                                                                     Mt 28,1-10

RIFLETTERE E MEDITARE

I riti di questa Veglia si snodano in un crescendo di grande suggestione. Nessun’altra celebrazione nel corso dell’anno liturgico presenta una così straordinaria ricchezza di elementi e di riti. I segni del fuoco e della luce, l’acqua del battesimo e il pane e il vino dell’Eucaristia assumono in questa Vigilia delle tonalità quasi primordiali: tutto il creato riprende il suo pieno significato originario e l’uomo prende coscienza delle proprie radici. Viviamo il mistero della Pasqua di risurrezione accompagnati da una particolare abbondanza della Parola di Dio.

 Il simbolismo della luce
La Veglia si apre con la benedizione del fuoco e il simbolo della luce: il buio della notte viene attraversato dalla luce della risurrezione di Cristo. Il Padre ci rivela in modo definitivo il suo amore per noi (Col 1,18), prende luce il nostro destino, e prendiamo coscienza della nostra identità, la certezza di essere creati a «immagine e somiglianza di Dio» (Gn 1,26-27).
In questa notte santa, i catecumeni, i nuovi battezzati – dalla tradizione cristiana detti anche “illuminati” – rinascono a vita nuova: Dio li «ha chia­mati dalle tenebre alla sua luce ammirabile» (1Pt 2,9) e davanti a loro si dischiude la vita nuova condivisa nella comunità cristiana.
Ecco perché il canto si fa gioioso con il preconio pasquale (l’Exultet), il gloria e l’alleluia, a ricordo delle meraviglie operate dal Signore nella nostra storia di “salvati”, e come rendimento di grazie per essere stati illuminati da Cristo.

Le letture dell’Antico Testamento
Le sette letture dell’Antico Testamento che la Chiesa ci fa ascoltare risuonano in modo speciale in questa santa Vigilia e acquistano una sonorità nuova. Ci confermano nella certezza che il cammino della storia, posto nelle mani del Creatore, ha uno sbocco positivo. Sono progetti che hanno Dio come protagonista, perché tutto ha avuto inizio dal suo irriducibile amore per l’umanità. Ed è una storia che ci coinvolge, perché noi ne facciamo parte. Dio si fa progressivamente vicino, compagno, fratello nostro, per la nostra salvezza e quella del mondo. La Parola di Dio che abbiamo proclamato nelle domeniche di Quaresima, che concludiamo in questa notte santa, ci ha ricordato che il cristiano, attraverso il battesimo, è inserito in questa grande “storia” attuata da Dio fin dalla creazione.
Quanto alla Lettera ai Romani e al Vangelo di Marco, ci dicono che l’evento finale di questa storia è la Pasqua di Cristo, a cui tutto tendeva.
Ogni domenica la comunità cristiana continuerà a riflettere su ciò che Dio ha operato nel tempo. Questa serie di eventi e di promesse li rivivremo come realtà che si attuano nell’oggi, ne facciamo memoria viva collocandoci dalla parte di Dio.

 La liturgia battesimale
I catecumeni, chiamati da Dio a libertà, passano in questa Notte Santa attraverso un’acqua che distrugge e rigenera. Come Israele nel mar Rosso, essi insieme a Gesù attraversano il mare della morte e ne escono vittoriosi. Nelle acque del battesimo viene inghiot­tito il mondo del peccato e riemerge la creazione nuova. L’acqua, fecondata dallo Spirito, genera il popolo dei figli di Dio: un popolo sacerdotale, profetico, regale.
Per questo, insieme ai nuovi battezzati, anche noi e l’intera comunità ecclesiale facciamo memoria del passaggio pa­squale del Cristo, e rinnoviamo attraverso le promesse battesimali la nostra fedeltà, confermiamo la nostra volontà di convertirci alla vita nuova (Rm 6,3-11 e colletta).

 L’aurora della Pasqua
In questa solenne Vigilia riviviamo un evento che dà sostanza alla nostra fede e che è il centro della nostra speranza: la risurrezione di Cristo. «La speranza cristiana è la risurrezione dei morti; tutto ciò che noi siamo, lo siamo in quanto crediamo nella risurrezione», dice Tertulliano.
Ripercorriamo anche noi con le donne la sorpresa della tomba vuota. Queste donne corrono all’alba del primo giorno della settimana per prendersi cura di un cadavere, ma diventano testimoni di qualcosa di inatteso e di assolutamente sorprendente: trovano la pesante pietra ribaltata, la luce del Risorto irrompe su di loro, le fa prima tremare e poi gioire, mentre gli angeli annunciano loro il Cristo Risorto.
Finisce così la tragedia di questi giorni, la grande sofferenza di Cristo e l’umiliazione di chi l’ha seguito e amato, tradito e abbandonato. Trionfa la vita e si diffonde una gioia inattesa, pur nell’iniziale turbamento degli apostoli, che ritrovano vivo il Cristo Gesù. Essi, che lo hanno abbandonato, sono chiamati a rinnovare la loro fede e a riprendersi l’amicizia tradita.
La tomba di Cristo è vuota e perde per sempre il suo significato di morte. Anche le nostre tombe si spalancano nella certezza che la risurrezione di Cristo coinvolge pienamente anche di noi.

UNA FATTO – UNA TESTIMONIANZA

La Veglia pasquale nel secolo II era già diffusa in tutte le comunità cristiane. «Il suo punto culminante era l’assemblea notturna di preghiera che si concludeva con la celebrazione eucaristica. La partecipazione a quest’assemblea era tanto importante che un famoso padre della Chiesa di quei tempi, Tertulliano, parlando delle difficoltà che una donna cristiana avrebbe incontrato sposando un pagano, si chiedeva: “Il suo sposo le consentirà poi di uscire di notte per partecipare alla veglia pasquale?”» (Fernando Armellini).

PREGHIERA UNIVERSALE

Celebrante. Fratelli e sorelle carissimi, in questa Veglia Santa, che celebra il cuore della nostra fede, ci rivolgiamo al Padre, che ha chiamato dai morti il Figlio suo Gesù, perché ascolti quanto gli chiediamo. Preghiamo insieme e diciamo:

Signore, nostra salvezza, ascoltaci!

  • Perché la Chiesa diventi ovunque nel mondo testimonianza viva del Signore risorto, preghiamo.
  • Per i governanti e per quanti occupano posti di responsabilità e di servizio nella società, perché siano animati da un vero senso di fraternità, preghiamo.
  • Perché i nuovi battezzati trovino nella comunità cristiana chi li accolga e li faccia crescere nella vita cristiana, preghiamo.
  • Per tutti noi che in questa Santa Notte ci rallegriamo per la risurrezione del Signore, perché in ogni tempo non ci manchi la forza di sperare insieme e di lottare, preghiamo.

Celebrante. Padre misericordioso, che con la risurrezione del tuo Figlio hai illuminato il mistero della nostra vita, fa’ che ovunque e sempre siamo accompagnati dal tuo amore. Per Cristo nostro Signore.


 

Pubblicato il

Venerdì Santo – 7 aprile 2023


7 aprile

VENERDÌ DELLA PASSIONE DEL SIGNORE

Ha donato se stesso fino alla morte, e alla morte di croce

Prima del Concilio Vaticano II nelle due ultime settimane di Quaresima si coprivano le statue e le immagini sacre e solo oggi si toglieva il velo al crocifisso. Oggi la liturgia ci fa contemplare il Crocifisso, ci propone la preghiera silenziosa, l’adorazione, il doloroso pensiero alle sofferenze e alla morte del Figlio di Dio. Non si celebra l’Eucaristia, ma al centro della celebrazione serale vi sono la proclamazione della Parola, la solenne preghiera sulla Chiesa e sul mondo, l’adorazione della Croce e la consumazione dell’Eucaristia del Giovedì Santo. In genere non si tiene l’omelia, neppure breve. Ma si possono offrire ai fedeli alcuni elementi di meditazione.

La celebrazione si svolge in tre momenti: Liturgia della Parola, Adorazione della Croce, Comunione eucaristica.

In questo giorno la santa comunione ai fedeli viene distribuita soltanto durante la celebrazione della Passione del Signore; ai malati che non possono prendere parte a questa celebrazione si può portare la comunione in qualunque ora del giorno.

Il sacerdote e il diacono indossano le vesti di color rosso, come per la Messa. Si recano poi all’altare e, fatta la debita riverenza, si prostrano a terra o, secondo l’opportunità, s’inginocchiano. Tutti, in silenzio, pregano per breve tempo.

PRIMA LETTURA

Egli è stato trafitto per le nostre colpe. (Quarto canto del Servi del Signore).  

Il profeta descrive le sofferenze del messia con impressionate realismo e puntuale aderenza al racconto evangelico. «Il mio servo», dice Isaia, «è stato trafitto per i nostri delitti… maltrattato e umiliato, come agnello condotto al macello… eliminato dalla terra dei viventi». Ma, conclude, «Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce».

 Dal libro del profeta Isaia.                                                                                     Is 52,13–53,12

Ecco, il mio servo avrà successo, sarà onorato, esaltato e innalzato grandemente.
Come molti si stupirono di lui – tanto era sfigurato per essere d’uomo il suo aspetto e diversa la sua forma da quella dei figli dell’uomo –, così si meraviglieranno di lui molte nazioni; i re davanti a lui si chiuderanno la bocca, poiché vedranno un fatto mai a essi raccontato e comprenderanno ciò che mai avevano udito.
Chi avrebbe creduto al nostro annuncio?
A chi sarebbe stato manifestato il braccio del Signore?
È cresciuto come un virgulto davanti a lui e come una radice in terra arida.
Non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi, non splendore per poterci piacere.
Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire, come uno davanti al quale ci si copre la faccia; era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima.
Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori; e noi lo giudicavamo castigato, percosso da Dio e umiliato.
Egli è stato trafitto per le nostre colpe, schiacciato per le nostre iniquità.
Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui;
per le sue piaghe noi siamo stati guariti.
Noi tutti eravamo sperduti come un gregge, ognuno di noi seguiva la sua strada; il Signore fece ricadere su di lui l’iniquità di noi tutti.
Maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la sua bocca; era come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori, e non aprì la sua bocca.
Con oppressione e ingiusta sentenza fu tolto di mezzo; chi si affligge per la sua posterità?
Sì, fu eliminato dalla terra dei viventi, per la colpa del mio popolo fu percosso a morte.
Gli si diede sepoltura con gli empi, con il ricco fu il suo tùmulo, sebbene non avesse commesso violenza né vi fosse inganno nella sua bocca.
Ma al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori. Quando offrirà se stesso in sacrificio di riparazione, vedrà una discendenza, vivrà a lungo, si compirà per mezzo suo la volontà del Signore.
Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce e si sazierà della sua conoscenza; il giusto mio servo giustificherà molti, egli si addosserà le loro iniquità.
Perciò io gli darò in premio le moltitudini, dei potenti egli farà bottino, perché ha spogliato se stesso fino alla morte ed è stato annoverato fra gli empi, mentre egli portava il peccato di molti e intercedeva per i colpevoli.

Parola di Dio.

 SALMO RESPONSORIALE                                                                     Dal Salmo 30 (31)

Le parole del salmo trovano compimento nella persona di Cristo. Nel momento della passione Cristo non perde la fiducia e si abbandona al Padre.

Rit. Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito.

In te, Signore, mi sono rifugiato,
mai sarò deluso;
difendimi per la tua giustizia.

Alle tue mani affido il mio spirito;
tu mi hai riscattato,
Signore, Dio fedele.

Sono il rifiuto dei miei nemici
e persino dei miei vicini,
il terrore dei miei conoscenti;
chi mi vede per strada mi sfugge.

Sono come un morto, lontano dal cuore;
sono come un coccio da gettare.
Ma io confido in te, Signore;
dico: «Tu sei il mio Dio,
i miei giorni sono nelle tue mani».

Liberami dalla mano dei miei nemici e dai miei persecutori.
Sul tuo servo fa’ splendere il tuo volto,
salvami per la tua misericordia.

Siate forti, rendete saldo il vostro cuore,
voi tutti che sperate nel Signore.

 SECONDA LETTURA

Cristo imparò l’obbedienza e divenne causa di salvezza per tutti coloro che gli obbediscono.                                               

Cristo chiese «con preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime» di essere liberato dalla croce, ma, pur essendo Figlio, si piegò nell’obbedienza al Padre e conobbe la sofferenza. Ma in questo modo divenne causa di salvezza per ogni uomo.

Dalla lettera agli Ebrei.                                                                                      Eb 4,14-16; 5,7-9

Fratelli, poiché abbiamo un sommo sacerdote grande, che è passato attraverso i cieli, Gesù il Figlio di Dio, manteniamo ferma la professione della fede. Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia prendere parte alle nostre debolezze: egli stesso è stato messo alla prova in ogni cosa come noi, escluso il peccato.
Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia per ricevere misericordia e trovare grazia, così da essere aiutati al momento opportuno.
[Cristo, infatti,] nei giorni della sua vita terrena, offrì preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime, a Dio che poteva salvarlo da morte e, per il suo pieno abbandono a lui, venne esaudito.
Pur essendo Figlio, imparò l’obbedienza da ciò che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono.

Parola di Dio.

CANTO AL VANGELO         Cf Fil 2,8-9

Gloria e lode a te, Cristo Signore!

Per noi Cristo si è fatto obbediente fino alla morte
e a una morte di croce.
Per questo Dio lo esaltò
e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome.

Gloria e lode a te, Cristo Signore!

 VANGELO

Passione del Signore.                

Nel Vangelo di Giovanni Gesù non subisce la passione passivamente, ma è lui che si offre liberamente come vittima consapevole. Per Gesù è il compimento della sua «ora», prevista e attesa. È segna il suo trionfo, non una sconfitta.

Passione di nostro Signore Gesù Cristo secondo Giovanni.                           Gv 18,1–19,42

Catturarono Gesù e lo legarono

In quel tempo, Gesù uscì con i suoi discepoli al di là del torrente Cèdron, dove c’era un giardino, nel quale entrò con i suoi discepoli. Anche Giuda, il traditore, conosceva quel luogo, perché Gesù spesso si era trovato là con i suoi discepoli. Giuda dunque vi andò, dopo aver preso un gruppo di soldati e alcune guardie fornite dai capi dei sacerdoti e dai farisei, con lanterne, fiaccole e armi. Gesù allora, sapendo tutto quello che doveva accadergli, si fece innanzi e disse loro: «Chi cercate?». Gli risposero: «Gesù, il Nazareno». Disse loro Gesù: «Sono io!». Vi era con loro anche Giuda, il traditore. Appena disse loro «Sono io», indietreggiarono e caddero a terra. Domandò loro di nuovo: «Chi cercate?». Risposero: «Gesù, il Nazareno». Gesù replicò: «Vi ho detto: sono io. Se dunque cercate me, lasciate che questi se ne vadano», perché si compisse la parola che egli aveva detto: «Non ho perduto nessuno di quelli che mi hai dato». Allora Simon Pietro, che aveva una spada, la trasse fuori, colpì il servo del sommo sacerdote e gli tagliò l’orecchio destro. Quel servo si chiamava Malco. Gesù allora disse a Pietro: «Rimetti la spada nel fodero: il calice che il Padre mi ha dato, non dovrò berlo?».

 

Lo condussero prima da Anna

Allora i soldati, con il comandante e le guardie dei Giudei, catturarono Gesù, lo legarono e lo condussero prima da Anna: egli infatti era suocero di Caifa, che era sommo sacerdote quell’anno. Caifa era quello che aveva consigliato ai Giudei: «È conveniente che un solo uomo muoia per il popolo».
Intanto Simon Pietro seguiva Gesù insieme a un altro discepolo. Questo discepolo era conosciuto dal sommo sacerdote ed entrò con Gesù nel cortile del sommo sacerdote. Pietro invece si fermò fuori, vicino alla porta. Allora quell’altro discepolo, noto al sommo sacerdote, tornò fuori, parlò alla portinaia e fece entrare Pietro. E la giovane portinaia disse a Pietro: «Non sei anche tu uno dei discepoli di quest’uomo?». Egli rispose: «Non lo sono». Intanto i servi e le guardie avevano acceso un fuoco, perché faceva freddo, e si scaldavano; anche Pietro stava con loro e si scaldava.
Il sommo sacerdote, dunque, interrogò Gesù riguardo ai suoi discepoli e al suo insegnamento. Gesù gli rispose: «Io ho parlato al mondo apertamente; ho sempre insegnato nella sinagoga e nel tempio, dove tutti i Giudei si riuniscono, e non ho mai detto nulla di nascosto. Perché interroghi me? Interroga quelli che hanno udito ciò che ho detto loro; ecco, essi sanno che cosa ho detto». Appena detto questo, una delle guardie presenti diede uno schiaffo a Gesù, dicendo: «Così rispondi al sommo sacerdote?». Gli rispose Gesù: «Se ho parlato male, dimostrami dov’è il male. Ma se ho parlato bene, perché mi percuoti?». Allora Anna lo mandò, con le mani legate, a Caifa, il sommo sacerdote.
ùIntanto Simon Pietro stava lì a scaldarsi. Gli dissero: «Non sei anche tu uno dei suoi discepoli?». Egli lo negò e disse: «Non lo sono». Ma uno dei servi del sommo sacerdote, parente di quello a cui Pietro aveva tagliato l’orecchio, disse: «Non ti ho forse visto con lui nel giardino?». Pietro negò di nuovo, e subito un gallo cantò.

Il mio regno non è di questo mondo

Condussero poi Gesù dalla casa di Caifa nel pretorio. Era l’alba ed essi non vollero entrare nel pretorio, per non contaminarsi e poter mangiare la Pasqua. Pilato dunque uscì verso di loro e domandò: «Che accusa portate contro quest’uomo?». Gli risposero: «Se costui non fosse un malfattore, non te l’avremmo consegnato». Allora Pilato disse loro: «Prendetelo voi e giudicatelo secondo la vostra Legge!». Gli risposero i Giudei: «A noi non è consentito mettere a morte nessuno». Così si compivano le parole che Gesù aveva detto, indicando di quale morte doveva morire.
Pilato allora rientrò nel pretorio, fece chiamare Gesù e gli disse: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?». Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù». Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce». Gli dice
Pilato: «Che cos’è la verità?».
E, detto questo, uscì di nuovo verso i Giudei e disse loro: «Io non trovo in lui colpa alcuna. Vi è tra voi l’usanza che, in occasione della Pasqua, io rimetta uno in libertà per voi: volete dunque che io rimetta in libertà per voi il re dei Giudei?». Allora essi gridarono di nuovo: «Non costui, ma Barabba!». Barabba era un brigante.

Salve, re dei Giudei!

Allora Pilato fece prendere Gesù e lo fece flagellare. E i soldati, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero addosso un mantello di porpora. Poi gli si avvicinavano e dicevano: «Salve, re dei Giudei!». E gli davano schiaffi. Pilato uscì fuori di nuovo e disse loro: «Ecco, io ve lo conduco fuori, perché sappiate che non trovo in lui colpa alcuna». Allora Gesù uscì, portando la corona di spine e il mantello di porpora. E Pilato disse loro: «Ecco l’uomo!».
Come lo videro, i capi dei sacerdoti e le guardie gridarono: «Crocifiggilo! Crocifiggilo!». Disse loro Pilato: «Prendetelo voi e crocifiggetelo; io in lui non trovo colpa». Gli risposero i Giudei: «Noi abbiamo una Legge e secondo la Legge deve morire, perché si è fatto Figlio di Dio».
All’udire queste parole, Pilato ebbe ancor più paura. Entrò di nuovo nel pretorio e disse a Gesù: «Di dove sei tu?». Ma Gesù non gli diede risposta. Gli disse allora Pilato: «Non mi parli? Non sai che ho il potere di metterti in libertà e il potere di metterti in croce?». Gli rispose Gesù: «Tu non avresti alcun potere su di me, se ciò non ti fosse stato dato dall’alto. Per questo chi mi ha consegnato a te ha un peccato più grande».

Via! Via! Crocifiggilo!

Da quel momento Pilato cercava di metterlo in libertà. Ma i Giudei gridarono: «Se liberi costui, non sei amico di Cesare! Chiunque si fa re si mette contro Cesare». Udite queste parole, Pilato fece condurre fuori Gesù e sedette in tribunale, nel luogo chiamato Litòstroto, in ebraico Gabbatà. Era la Parascève della Pasqua, verso mezzogiorno. Pilato disse ai Giudei: «Ecco il vostro re!». Ma quelli gridarono: «Via! Via! Crocifiggilo!». Disse loro Pilato: «Metterò in croce il vostro re?». Risposero i capi dei sacerdoti: «Non abbiamo altro re che Cesare». Allora lo consegnò loro perché fosse crocifisso.

Lo crocifissero e con lui altri due

Essi presero Gesù ed egli, portando la croce, si avviò verso il luogo detto del Cranio, in ebraico Gòlgota, dove lo crocifissero e con lui altri due, uno da una parte e uno dall’altra, e Gesù in mezzo. Pilato compose anche l’iscrizione e la fece porre sulla croce; vi era scritto: «Gesù il Nazareno, il re dei Giudei». Molti Giudei lessero questa iscrizione, perché il luogo dove Gesù fu crocifisso era vicino alla città; era scritta in ebraico, in latino e in greco. I capi dei sacerdoti dei Giudei dissero allora a Pilato: «Non scrivere: “Il re dei Giudei”, ma: “Costui ha detto: Io sono il re dei Giudei”». Rispose Pilato: «Quel che ho scritto, ho scritto».

Si sono divisi tra loro le mie vesti

I soldati poi, quando ebbero crocifisso Gesù, presero le sue vesti, ne fecero quattro parti – una per ciascun soldato –, e la tunica. Ma quella tunica era senza cuciture, tessuta tutta d’un pezzo da cima a fondo. Perciò dissero tra loro: «Non stracciamola, ma tiriamo a sorte a chi tocca». Così si compiva la Scrittura, che dice: «Si sono divisi tra loro le mie vesti e sulla mia tunica hanno gettato la sorte». E i soldati fecero così.

Ecco tuo figlio! Ecco tua madre!

Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria madre di Clèopa e Maria di Màgdala. Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco tuo figlio!». Poi disse al discepolo: «Ecco tua madre!». E da quell’ora il discepolo l’accolse con sé.
Dopo questo, Gesù, sapendo che ormai tutto era compiuto, affinché si compisse la Scrittura, disse: «Ho sete». Vi era lì un vaso pieno di aceto; posero perciò una spugna, imbevuta di aceto, in cima a una canna e gliela accostarono alla bocca. Dopo aver preso l’aceto, Gesù disse: «È compiuto!». E, chinato il capo, consegnò lo spirito.

(Qui ci si genuflette e si fa una breve pausa).

E subito ne uscì sangue e acqua

Era il giorno della Parascève e i Giudei, perché i corpi non rimanessero sulla croce durante il sabato – era infatti un giorno solenne quel sabato –, chiesero a Pilato che fossero spezzate loro le gambe e fossero portati via. Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe all’uno e all’altro che erano stati crocifissi insieme con lui. Venuti però da Gesù, vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua. Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera; egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate. Questo infatti avvenne perché si compisse la Scrittura: «Non gli sarà spezzato alcun osso». E un altro passo della Scrittura dice ancora: «Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto».
Presero il corpo di Gesù e lo avvolsero con teli insieme ad aromi Dopo questi fatti Giuseppe di Arimatèa, che era discepolo di Gesù, ma di nascosto, per timore dei Giudei, chiese a Pilato di prendere il corpo di Gesù. Pilato lo concesse. Allora egli andò e prese il corpo di Gesù. Vi andò anche Nicodèmo – quello che in precedenza era andato da lui di notte – e portò circa trenta chili di una mistura di mirra e di áloe. Essi presero allora il corpo di Gesù e lo avvolsero con teli, insieme ad aromi, come usano fare i Giudei per preparare la sepoltura. Ora, nel luogo dove era stato crocifisso, vi era un giardino e nel giardino un sepolcro nuovo, nel quale nessuno era stato ancora posto. Là dunque, poiché era il giorno della Parascève dei Giudei e dato che il sepolcro era vicino, posero Gesù.

Parola del Signore.

 

PER RIFLETTERE E MEDITARE

La passione di Gesù è il cuore del Vangelo, ed è ciò che gli apostoli hanno memorizzato e raccontato con maggior lucidità ai cristiani della prima ora. Gli evangelisti ne hanno scritto con maggior ricchezza di particolari, essendo gli ultimi avvenimenti della sua vita. Nei sinottici (Matteo, Marco e Luca) prevale in Gesù il senso di abbandono e della sconfitta. È schiacciato dal potere politico e religioso, rifiutato dal popolo, accusato da falsi testimoni, abbandonato dagli apostoli, tradito da un amico. Nel racconto di Giovanni invece Gesù sembra gestire lucidamente ogni incontro e ogni avvenimento, dal Getsemani alla morte in croce.

La passione di Gesù

Gli ultimi giorni della vita di Gesù, dalla farsa del processo alla crocifissione sono la viva rappresentazione della crudeltà e della barbarie che gli uomini, in ogni tempo, hanno compiuto contro innocenti, indifesi, capri espiatori e i tanti crocifissi della storia. Nel racconto di Luca, Gesù suda sangue, prima di essere arrestato. È la paura più nera, il terrore di quanto dovrà provare, ma anche la tragica delusione della sconfitta. Potrebbe fuggire, potrebbe evitare questa tragica morte, ma accetta fino in fondo che si compia non la sua, ma la volontà del Padre.

Ma pure dall’alto della croce rimane se stesso, il messia mite e misericordioso che sulle strade della Palestina accoglie i peccatori e dona il suo amore senza riserve a tutti. Perdona il buon ladrone, che si affida a lui e gli spalanca le porta del Paradiso. Ma perdona anche chi lo ha crocifisso: «Perché non sanno quello che fanno» (Lc 23, 34.43).

Mentre gli amici lo abbandonano, e le autorità lo scartano e scherniscono, nel racconto di Marco Gesù viene riconosciuto da un ufficiale romano pagano, che vendendolo morire in quel modo esclama: «Costui era veramente il Figlio di Dio!» (Mc 15,39).

L’amore senza misura

La passione di Gesù è stata prevista sin dall’Antico Testamento nella parola dei profeti. Ma anche Gesù più volte ha parlato della sua fine tragica: «Il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini ed essi lo uccideranno» (Mt 17,22-23).
Qualcuno in passato ha voluto vedere nella morte di Gesù qualcosa di prestabilito, o addirittura una morte riparatrice, per annullare la collera di Dio nei confronti dell’uomo. In realtà la morte di Gesù è un gesto di amore senza misura del Figlio di Dio, e un atto di spietata crudeltà da parte dell’uomo: «La croce è la sofferenza che il mondo senza Dio impone a Dio» (Dietrich Bonhoeffer).
Giovanni, testimone diretto della morte del suo amato Maestro, vede che uno dei soldati gli trapassa il costato con la lancia, facendo uscire dal suo cuore sangue e acqua, segno del suo amore senza fine e dei sacramenti.
È proprio in questa esperienza di tradimento e di sangue che Gesù lascia per madre Maria ai suoi futuri discepoli. Da quel momento Maria diventa madre della Chiesa. La troveremo in preghiera e in attesa dello Spirito Santo con la Chiesa nascente.
Questo è il volto del vero Dio. Un Dio dal cuore umano, trafitto da una lancia. Un Dio che si è fatto uomo in Gesù e ci ha dimostrato il suo amore amandoci «fino alla morte e alla morte di croce» (Fil 2,8).

Apriamo i nostri occhi e il nostro cuore

La morte di Gesù è la morte di Dio che annienta se stesso per amore dell’uomo. In passato si è parlato della morte di Dio, così come aveva fatto Nietzsche. Ma la morte in croce di Gesù non è l’ultima parola detta dal Padre e si cambierà presto nel trionfo di Dio.
Oggi siamo invitati a rivolgere il nostro cuore alla croce. È il vero volto del nostro Dio, il volto di chi ci ama fino al sacrificio estremo. È stato il prezzo che Gesù ha pagato per far aprire gli occhi all’uomo e convincerlo del suo amore senza misura. Perché non sono bastati i miracoli, le parabole, le parole piene di amore rivolte alle folle in attesa di salvezza.
Il Vangelo di Giovanni però non si conclude con un crudele annientamento. Giuseppe d’Arimatea troverà il coraggio di chiedere il corpo di Gesù e Nicodemo renderà sontuosa la sua sepoltura con trenta chili di una mistura di aloe e mirra. Il primo giorno della settimana, il mattino di Pasqua, Maria di Magdala andrà alla tomba per ritrovare l’amato così tragicamente piagato, e avrà la gioia di rivederlo vivo. Arriveranno di corsa alla tomba vuota Pietro e Giovanni; e nella stessa domenica Gesù si presenterà vivo agli apostoli nel Cenacolo. Dalla tragica esperienza dalla croce e dal suo sangue versato, Gesù darà inizio alla nuova comunità dei credenti, la Chiesa.

UN FATTO – UNA TESTIMONIANZA

Pilato è convinto della innocenza di Gesù, ma alla fine cede alla volontà della folla e alla logica del potere. Anatole France ne il Il procuratore di Giudea presenta un Pilato, ormai pensionato, che non conserva ricordi o finge di non ricordare. Di fronte alle sollecitazioni dell’ex-collega governatore di Siria: «Ponzio, ti ricordi di Gesù il Nazareno che fu crocifisso non so più per la quale delitto?». Ponzio Pilato aggrottò le sopracciglia, si portò la mano alla fronte come chi vuole ritrovare un ricordo. Poi, dopo qualche istante di silenzio: «Gesù – mormorò – Gesù il Nazareno? No, non ricordo».

COMMENT0 2

Se la Chiesa ha scelto la passione di Giovanni per il Venerdì Santo, è perché per lei, molto più che di tristezza, è un giorno di scoperta sempre più approfondita del modo divino di realizzare la salvezza a opera di Gesù, mosso dallo Spirito in obbedienza al Padre, il quale vuole la salvezza di tutti.
Per Giovanni la passione di Gesù non è meno sofferta che per i sinottici, ma i singoli fatti vengono trasfigurati dalla prospettiva che nella passione e nella morte in croce si rivela fino a che punto arriva l’amore del Padre, manifestato da Gesù e in Gesù.
Evidenziamo solo alcuni punti.
Giovanni sottolinea che Gesù sa non solo ciò che sarebbe accaduto, ma anche il valore e il senso di ogni avvenimento. Per questo egli con sovrana libertà si presenta a coloro che sono venuti a catturarlo, ci tiene a proteggere i suoi amici e rimprovera Pietro, che ferisce con la spada Malco, perché ostacola la realizzazione del progetto del Padre.
Non reagisce con l’indifferenza all’iniziativa dei suoi accusatori, per questo risponde ad Anna e non subisce passivamente lo schiaffo della guardia, rivendicando la correttezza della propria risposta.
Il processo davanti a Pilato, poi, è un capolavoro di costruzione teologica e di ironia giovannea. Il giudice romano proclama per tre volte che Gesù è innocente, mentre colui che viene processato accusa di peccato Pilato e ancora di più coloro che lo hanno consegnato a lui. L’accusa portata in tribunale è di lesa maestà, perché Gesù si sarebbe fatto re, infrangendo le leggi romane. E lui, in risposta a Pilato, in realtà si proclama re, ma non in concorrenza con i regni di questo mondo, così che il governatore romano non può condannarlo per questo.
I soldati, da parte loro, volendo sbeffeggiare Gesù, lo incoronano con le spine; ma per Giovanni è la scena centrale di tutto il processo e quindi una vera incoronazione e riconoscimento della regalità di Gesù. Il tutto riceve il sigillo dell’autorità romana, quando Pilato scrive in tre lingue, cioè per il mondo intero, che Gesù è il re dei Giudei e, di fronte alle rimostranze dei capi dei sacerdoti, rifiuta di cambiare la scritta. Il riconoscimento della regalità di Gesù si conclude con la sepoltura in un sepolcro nuovo e con una quantità enorme di aromi, cose riservate ai re.
I capi dei Giudei hanno davanti a loro il Figlio di Dio, ma non vogliono riconoscerlo. Mosè aveva scritto nei comandamenti: «Non avrai altri dèi di fronte a me» (Es 20,3). La risposta dei capi a Pilato: «Non abbiamo altro re che Cesare», risulta una specie di parodia del primo comandamento e sancisce la loro scelta di sottomissione non a Dio, ma all’imperatore romano.
La glorificazione di Gesù viene completata da Giovanni nella morte: compie gli ultimi gesti perché siano realizzate le Scritture e sia evidente che lui ha obbedito al Padre; esprime la consapevolezza di aver “compiuto” tutto ciò che il Padre gli ha indicato; “consegna lo spirito”, cioè dona lo Spirito Santo, come aveva promesso.
Per la Chiesa non è di poco conto, che subito dopo la morte, dal costato di Cristo sgorghino i sacramenti fontali della fede: acqua e sangue simboleggiano per tutti i Padri il Battesimo e l’Eucaristia.
Così il Venerdì Santo, pur dando spazio a un po’ di amarezza per le sofferenze e la morte di Cristo, è celebrato dai cristiani come il giorno in cui risplendono, da una parte, la pienezza dell’amore di Cristo, che offre la vita per la salvezza di tutti i suoi fratelli, e, dall’altra, la glorificazione donata a lui dal Padre, che lo rende re dell’universo e salvatore del mondo. Di fronte a questo splendore gli atteggiamenti spirituali più consoni sono: l’adorazione, la lode e il ringraziamento al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo, con una rinnovata e incrollabile fiducia nella misericordia della Santa Trinità, che cancella il peccato del mondo e i peccati di tutti e di ciascuno.

Spunti per l’attualizzazione e la preghiera

  1. Il Venerdì Santo, con la liturgia, la via crucis e le varie processioni, non è fatto per suscitare emozioni e compassione superficiale per le sofferenze di Gesù, ma per meditare e pregare sull’immensità dell’amore che ci ha salvati, per ringraziare il Signore perché ha offerto la vita per tutti e per ciascuno, per condividere il suo desiderio di salvare l’umanità e, infine, per decidere di collaborare con lui.
  2. Spesso ci chiediamo perché Gesù abbia dovuto soffrire tanto. Se riconosciamo che è questa la strada normale dell’amore che salva gli altri, allora possiamo fare il difficile passo spirituale di accettare le piccole o grandi sofferenze che la vita e le persone ci provocano, per offrirle al Padre per la salvezza nostra e dei fratelli.

Proposta di impegno

Fermarsi un po’ di tempo davanti al crocifisso per meditare sulle proprie sofferenze, piccole o grandi, per unirle a quelle di Cristo e offrirle per la salvezza propria e degli altri.

Pubblicato il

Domenica di Pasqua – 4 aprile 2021

4 aprile

DOMENICA DI PASQUA

Risurrezione del Signore   

Risorti con Cristo

È Pasqua. Oggi la liturgia è attraversata da sentimenti di una gioia incontenibile. Dall’Exultet cantato in questa notte in tutte le chiese, all’alleluia che ritorna come un ritornello di gioia ritrovata. Gesù è veramente risorto! Su questo fatto si fonda tutta la nostra fede. È la festa delle feste, la domenica che dà significato a tutte le altre. Mistero che ci rivela profondamente chi è Gesù, la sua identità ultima, l’irrompere di Dio nella nostra vita e il nostro destino.

 RICHIESTA DI PERDONO

  • Signore Gesù, tu sei risorto per la nostra salvezza, abbi pietà di noi.
  • Cristo, nostra Pasqua, perdona la debolezza della nostra testimonianza, abbi pietà di noi.
  • Signore Gesù, che sulla croce hai aperto il Paradiso al buon ladrone, abbi pietà di noi.

 PRIMA LETTURA

Noi abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti.

«Noi siamo testimoni», dice Pietro a Cesarea, in casa del centurione Cornelio, che sta per ricevere il battesimo con tutta la sua famiglia. È questo uno degli otto discorsi che Pietro pronuncia negli Atti degli apostoli, nel quale offre la testimonianza matura della sua fede, che vede nell’ultima drammatica vicenda di Gesù il realizzarsi delle profezie, e la piena consapevolezza della missione di continuare l’opera di Gesù, affidata da Dio a lui e agli apostoli, quali «testimoni prescelti».

Dagli Atti degli Apostoli.                                                                                      At 10,34a.37-43

In quei giorni, Pietro prese la parola e disse: «Voi sapete ciò che è accaduto in tutta la Giudea, cominciando dalla Galilea, dopo il battesimo predicato da Giovanni; cioè come Dio consacrò in Spirito Santo e potenza Gesù di Nàzaret, il quale passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui.
E noi siamo testimoni di tutte le cose da lui compiute nella regione dei Giudei e in Gerusalemme. Essi lo uccisero appendendolo a una croce, ma Dio lo ha risuscitato al terzo giorno e volle che si manifestasse, non a tutto il popolo, ma a testimoni prescelti da Dio, a noi che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti.
E ci ha ordinato di annunciare al popolo e di testimoniare che egli è il giudice dei vivi e dei morti, costituito da Dio. A lui tutti i profeti danno questa testimonianza: chiunque crede in lui riceve il perdono dei peccati per mezzo del suo nome».

Parola di Dio.

SALMO RESPONSORIALE                                                                Dal Salmo 117 (118)

Il salmo è un inno al Signore della vita e al Padre del Signore risorto, che nel suo amore ha reso piena gloria al proprio Figlio Gesù.

Rit. Questo è il giorno che ha fatto dal Signore:
rallegriamoci ed esultiamo.

Oppure:

Rit. Alleluia, alleluia, alleluia.

Rendete grazie al Signore perché è buono,
perché il suo amore è per sempre.
Dica Israele:
«Il suo amore è per sempre».

La destra del Signore si è innalzata,
la destra del Signore ha fatto prodezze.
Non morirò, ma resterò in vita
e annuncerò le opere del Signore.

La pietra scartata dai costruttori
è divenuta la pietra d’angolo.
Questo è stato fatto dal Signore:
una meraviglia ai nostri occhi.

SECONDA LETTURA

Cercate le cose di lassù, dove è Cristo.                                                

In pochi versetti Paolo esprime in modo pieno ed efficace la sua fede nel Signore Risorto ed esorta a vivere una vita nuova; a cercare «le cose di lassù», dove siede glorioso il Cristo di Dio, con il quale condivideremo anche noi la sua gloria.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Colossesi.                                                        Col 3,1-4

Fratelli, se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla destra di Dio; rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra.
Voi infatti siete morti e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio! Quando Cristo, vostra vita, sarà manifestato, allora anche voi apparirete con lui nella gloria.

Parola di Dio.

Oppure:

Togliete via il lievito vecchio, per essere pasta nuova.        

A partire da un caso di grave infedeltà nella comunità, Paolo esorta alla vita nuova. Come un po’ di lievito può far fermentare tutta la pasta, così i cristiani sono chiamati a testimoniare la novità della risurrezione. 

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi.                                           1Cor 5,6b-8 

Sequenza

Alla vittima pasquale,
s’innalzi oggi il sacrificio di lode.
L’Agnello ha redento il suo gregge,
l’Innocente ha riconciliato
noi peccatori col Padre.
Morte e Vita si sono affrontate
in un prodigioso duello.
Il Signore della vita era morto;
ma ora, vivo, trionfa.

«Raccontaci, Maria:
che hai visto sulla via?».
«La tomba del Cristo vivente,
la gloria del Cristo risorto,
e gli angeli suoi testimoni,
il sudario e le sue vesti.
Cristo, mia speranza, è risorto:
precede i suoi in Galilea».

Sì, ne siamo certi:
Cristo è davvero risorto.
Tu, Re vittorioso,
abbi pietà di noi.

Canto al Vangelo    1 Cor 5,7-8

Alleluia, alleluia.

Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato:
facciamo festa nel Signore.

Alleluia.

VANGELO

Egli doveva risuscitare dai morti.                 

Maria corre di buon mattino alla tomba dove è stato deposto Gesù. È ancora buio. La sepoltura di Gesù è avvenuta in tutta fretta ed è stata sommaria, Maria intende completare le cose, prendersi cura del suo cadavere. Ma la pietra è ribaltata e la tomba è vuota. Corre a dirlo a Pietro e a Giovanni, pensando che qualcuno lo abbia portato via di nascosto. I due apostoli accorrono, osservano ogni cosa, ricordano le parole della Scrittura, e dello stesso Gesù, e diventano i primi testimoni privilegiati della sua risurrezione.

Dal vangelo secondo Giovanni.                                                                         Gv 20,1-9

Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro.
Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!». Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro.
Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò.
Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte. Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.

Parola del Signore.

Oppure, per l’anno B:

Gesù Nazareno, il crocifisso, è risorto.                                                              

Secondo Marco, sono tre le donne che vanno al sepolcro il mattino di Pasqua, vedono la tomba vuota, e un angelo annuncia loro la risurrezione di Gesù. L’angelo le manda ad annunciare la risurrezione agli apostoli, ma le donne, spaventate e tremanti per la paura, non dicono niente a nessuno.

 Dal vangelo secondo Marco.                                                      Mc 16,1-7

Passato il sabato, Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo e Salome comprarono oli aromatici per andare a ungerlo.
Di buon mattino, il primo giorno della settimana, vennero al sepolcro al levare del sole. Dicevano tra loro: «Chi ci farà rotolare via la pietra dall’ingresso del sepolcro?».
Alzando lo sguardo, osservarono che la pietra era già stata fatta rotolare, benché fosse molto grande. Entrate nel sepolcro, videro un giovane, seduto sulla destra, vestito d’una veste bianca, ed ebbero paura.
Ma egli disse loro: «Non abbiate paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto, non è qui. Ecco il luogo dove l’avevano posto. Ma andate, dite ai suoi discepoli e a Pietro: «Egli vi precede in Galilea. Là lo vedrete, come vi ha detto»».

Dove si celebra la Messa vespertina si può anche leggere: Lc 24,13-35.

RIFLETTERE E MEDITARE

È la domenica 9 aprile dell’anno 783 dalla fondazione di Roma. Nessuno si aspetta niente dopo la morte in croce di Gesù. Una sepoltura fatta in fretta, gli apostoli, paurosi e un po’ vigliacchi, sopraffatti dalla tragicità degli avvenimenti, nascosti a porte chiuse nel cenacolo, storditi dalla piega che hanno preso le ultime ore di Gesù. Anche loro, ebrei dalla mentalità vincente, non potevano accettare la sconfitta del messia. Solo le donne rimangono in attesa dell’alba del nuovo giorno per poter completare i riti della sepoltura, troppo affrettati in quel tramonto del venerdì.

L’esperienza della risurrezione
Ci sorprendono nelle letture le parole di Pietro, la testimonianza di Maria di Magdala, la fede di Giovanni che insieme a Pietro corre alla tomba «vede e crede», illuminato dalla fede e dall’amore. Qualcosa improvvisamente è cambiato nell’animo di chi finora non aveva compreso che cosa potesse significare che Gesù «doveva risuscitare da morte».
La risurrezione è anzitutto un fatto testimoniato dalla trasformazione degli apostoli, che non sono vittime di un’allucinazione collettiva, loro che erano uomini concreti e poco complicati. Non è una visione o un’apparizione di Gesù, perché gli apostoli e le donne semplicemente lo rivedono vivo, mangiano e bevono con lui.
La risurrezione non è nemmeno un miracolo alla maniera di Lazzaro, che dalla morte ritorna alla vita normale, ma è la trasfigurazione definitiva dell’esistenza umana della persona di Gesù, primizia e inizio di tutto il genere umano rinnovato.
Su questo fatto, scrive Paolo, chiamato alla fede in modo straordinario dal Cristo risorto: «Vi ho trasmesso anzitutto quello che anch’io ho ricevuto: che cioè Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture, fu sepolto ed è risuscitato il terzo giorno secondo le Scritture, e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici. In seguito apparve a più di cinquecento fratelli in una sola volta: la maggior parte di essi vive ancora, mentre alcuni sono morti. Inoltre apparve a Giacomo, e quindi a tutti gli apostoli. Ultimo fra tutti apparve anche a me come a un aborto. Io infatti sono l’infimo degli apostoli, e non sono degno neppure di essere chiamato apostolo, perché ho perseguitato la Chiesa di Dio» (1Cor 15,1-11).

La trasformazione degli apostoli
La testimonianza degli apostoli non nasce dunque da ragionamento, ma da un’esperienza che li ha sorpresi e li ha trasformati. «Rimane per noi un profondo enigma come mai discepoli così deboli abbiamo potuto trasformarsi, in breve tempo, in apostoli coraggiosi» (Endo Shusaku). Scrive l’evangelista Giovanni: «Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera ed egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate» (Gv 19,35).
La storia è piena di uomini eroici e dinamici, di profeti e santi. Anche Gesù, a vedere le cose solo nel momento della sua morte in croce, non sarebbe altro che un uomo straordinario e fedelissimo a Dio. È la sua risurrezione che pone il sigillo su di lui, che ne autentica l’azione e le parole, che lo colloca totalmente dalla parte di Dio e dà significato assoluto alla sua missione.
«Quale segno ci dai?», gli avevano chiesto, E Gesù aveva risposto: «Distruggete questo tempio e io lo ricostruirò in tre giorni!» E parlava del tempio del suo corpo.

Anche noi risorti con Cristo
La risurrezione mette a prova la nostra fede e dà un senso pieno alla nostra vita. Con la risurrezione di Gesù la nostra fede piccola diventa inadeguata. Siamo chiamati anche noi a entrare in quella tomba, guardare, credere. Gesù ha stupito e trasformato gli apostoli, può trasformare anche noi. Duemila anni di storia del cristianesimo hanno come fondamento questo fatto. Se continuiamo nella nostra vita cristiana, se cerchiamo di fare il bene senza stancarci, è perché Cristo è risorto. È stata questa la forza dei santi.
Ci sono montagne di libri sulla risurrezione di Gesù. Tutti cercano di capire come storicamente questo fatto sia possibile, quanto siano attendibili i racconti dei Vangeli e quale sia il valore della testimonianza degli apostoli e delle donne che lo hanno rivisto vivo. Tante pagine per affrontare non certo un problema in astratto, perché «se Cristo non è risorto, allora è senza fondamento la nostra predicazione e la nostra fede è senza valore», come dice Paolo (1Cor 15,14). «Con queste drastiche parole, Paolo sottolinea l’importanza fondamentale della risurrezione di Cristo per la fede cristiana. Con la risurrezione di Cristo tale fede sta o cade» (Jürgen Moltmann).
Tutte le vicende narrate dal Vangelo sono pervase da stupore e meraviglia. Soprattutto Matteo (28,11-15), che usa un genere letterario particolare per mettere maggiormente in risalto la singolarità e la sicurezza storica della risurrezione. Le donne vanno al sepolcro per visitare un cadavere e non si aspettano nulla. Vanno a piangere su una tomba, e ritrovano Gesù vivo. Lo adorano per prime e sono le prime annunciatrici di questo grande mistero, quasi a sottolineare il ruolo che la donna potrà avere nella Chiesa e soprattutto il primato dell’amore, perché è l’amore che le spinge a cercare Gesù anche dopo la sua morte.
«A partire dalla risurrezione di Cristo può soffiare un vento nuovo, purificatore, del mondo attuale», dice Dietrich Bonhoeffer. «Se alcuni lo credessero veramente, molte cose cambierebbero».

UN FATTO – UNA TESTIMONIANZA
Il cardinale Biffi racconta ciò che gli è capitato dopo una sua lezione di teologia tenuta a Milano sulla risurrezione di Gesù. È stato così convincente, che una donna alla fine è andata a sincerarsi e a chiedere conferma: «Davvero Gesù si è presentato vivo dopo essere stato ucciso?». E alla conferma del cardinale, la donna ha concluso: «Devo proprio dirlo a mio marito!». La settimana seguente, la signora si è ripresentata dal cardinale e gli ha detto che cosa aveva risposto suo marito: «Avrai certamente capito male!».

PREGHIERA UNIVERSALE

Celebrante. Cristo è risorto e vive per sempre. Uniamo le nostre voci per chiedergli che renda efficaci in noi i frutti della sua risurrezione.

Cristo, nostra Pasqua, ascoltaci!

  • Per la Chiesa: come i primi discepoli sappia testimoniare ovunque e in ogni tempo la fede nella risurrezione del Signore Gesù, preghiamo.
  • Per gli uomini di buona volontà, impegnati a costruire un mondo nuovo, sappiamo trovare nel Signore risorto la forza di non arrendersi, preghiamo.
  • Ogni famiglia cristiana sappia essere annuncio e testimonianza di vita e di speranza, e in ogni casa la risurrezione sia celebrata nella gioia e nella fraternità, preghiamo.
  • Per chi ha bisogno di te, o Cristo, per chi è dubbioso o si è ormai stancato e rassegnato e non ti cerca più, affinché possa incontrarti e vederti risorto e vivo, preghiamo.

Celebrante. Signore della vita, che risorgendo hai vinto la morte, concedici di essere esauditi nelle preghiere che ti abbiamo rivolto e di ottenere in pienezza i frutti della tua risurrezione. Tu che sei Dio e vivi e regni con Dio Padre, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.