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4. Parola da Vivere – 21 febbraio 2021

21 febbraio

1ª DOMENICA DI QUARESIMA B

La Quaresima di Gesù

COMMENTO

Sembra che Marco ci tenga a presentare Gesù in tutta la sua potenza, dato che Giovanni Battista aveva detto che stava aspettando «uno più forte». Ma, scrivendo per i cristiani, chiede loro di leggere con attenzione, anche tra le righe. Cerchiamo di farlo anche noi.
Le tentazioni sono raccontate in due versetti, ma richiedono una lettura su tre tempi: il Primo Testamento, la storia di Gesù, l’esperienza dei primi cristiani.
Vediamo il contesto. Marco ha dichiarato che Gesù è Figlio di Dio fin dal primo versetto, poi fa dire la stessa cosa con solennità da Dio Padre nel battesimo al Giordano. Dopo la vittoria sul nemico, inizia la sua predicazione, sintetizzata in quattro frasi lapidarie ma ricchissime, che noi abbiamo già sentito qualche domenica fa.
Così collocati, i due versetti svelano una significatività straordinaria.
Nel Primo Testamento Israele, che Dio tratta come un figlio, è stato tentato nel deserto e non era rimasto fedele, aveva tolto la fiducia a Dio e si era lasciato guidare da altri spiriti. Per questo tutta una generazione non poté entrare nella Terra Promessa. Mosè per due volte aveva digiunato 40 giorni sul Sinai, quando ricevette le tavole della Legge, prima e dopo il peccato del vitello d’oro. Il profeta Elia aveva camminato e digiunato per 40 giorni per arrivare al Sinai, dove ha incontrato e conosciuto Dio in maniera nuova, personale e intima. I Profeti, Isaia in particolare, avevano preannunziato con la venuta del Messia la pace fra cielo e terra e nella natura.
L’esperienza di Gesù nel deserto si richiama a tutto questo: è lui il Figlio obbediente, che vince ogni tentazione con la forza dello Spirito; con lui inizia la pace nella natura e fra cielo e terra, per questo sta con le bestie selvatiche ed è servito dagli angeli; digiuna per quaranta giorni e, come Mosè, chiede perdono al Padre per i peccati dei suoi fratelli e riceve la Legge dell’amore che deve annunciare come Vangelo; come Elia, incontra nell’intimità il Padre che deve presentare all’umanità, bisognosa di conoscere il vero volto di Dio e la sua misericordia paterna.
In alternativa, qualche commentatore interpreta le fiere come figure dei poteri violenti con i quali Gesù si scontrerà e che lo condanneranno a morte; sono i potenti, i quali perseguiteranno i cristiani in ogni epoca. Per tutta la vita Gesù lotterà e la sua vittoria si realizza nella morte e risurrezione. Ma il Signore non è stato solo, così gli angeli, di cui parla Marco, rappresentano tutti coloro che, credendo in lui, lo hanno accompagnato, sostenuto e aiutato nel suo cammino messianico.
I primi cristiani stavano subendo varie tentazioni e persecuzioni. Guardando a Gesù nel deserto, potevano essere sicuri che, se si lasciavano condurre dallo Spirito Santo, avrebbero avuto anch’essi la sua luce e la sua forza per essere vittoriosi contro l’avversario; in questa maniera non avrebbero più avuto paura di nulla e avrebbero sperimentato l’aiuto concreto dello Spirito Santo e dei fratelli nella fede.
Il digiuno, come lotta contro ogni forma di male interiore, e la preghiera, come colloquio filiale con Dio, avrebbero reso la Chiesa e ogni cristiano capaci di portare la bella notizia della salvezza a tutti gli uomini, di mostrare che il regno di Dio è davvero iniziato nel mondo e di invitare alla conversione del cuore tutti gli uomini di buona volontà.

SPUNTI PER L’ATTUALIZZAZIONE E LA PREGHIERA

  1. È lo Spirito a sospingere Gesù nel deserto, per affrontare l’avversario. È lo Spirito che ci sospinge nel mondo, per condividere la vita con gli altri. Non possiamo desiderare né sperare di sfuggire a tutte le tentazioni.
    Abbiamo il compito di affrontarle, come Gesù, e vincerle con la potenza dello Spirito, che ci è stato donato e abita in noi.
  2. Nel deserto si vive dell’essenziale. Il luogo in cui viviamo è il nostro deserto. Una vita sobria ci permette di sperimentare come gli angeli e i fratelli ci offrano il loro servizio, perché il nostro spirito sia nutrito dell’invisibile, che rimane per sempre.
  3. Attraverso il digiuno quaresimale possiamo sperimentare la libertà dello spirito, l’ascolto della Parola, la preghiera filiale e fervorosa, il desiderio e la scelta di amare e servire i fratelli. È questa la conversione a cui Gesù ci invita con parole pressanti e decise.
  4. Tutti i nostri fratelli affrontano le prove della vita e molti, ancora oggi, anche la persecuzione. Noi, che crediamo e siamo tempio dello Spirito, possiamo essere gli angeli che sostengono i nostri fratelli bisognosi di aiuto, sostegno, consolazione, speranza.

PROPOSTA DI IMPEGNO DELLA SETTIMANA

Combattiamo contro quella tentazione, anche “piccola”, nella quale cadiamo più spesso.


Tratto da: Messale delle domeniche e delle feste – Elledici – 2018

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5. Perdono e Preghiere dei Fedeli – 21 febbraio 2021

21 febbraio

1ª DOMENICA DI QUARESIMA B

La Quaresima di Gesù

RICHIESTA DI PERDONO

  • Signore Gesù, fa’ che ti sentiamo vicino nell’ora della prova, abbi pietà di noi.
  • Cristo Signore, che hai scelto il deserto per superare ogni tentazione, abbi pietà di noi.
  • Signore Gesù, all’inizio di questa Quaresima perdona le nostre incoerenze e rendici capaci di una vita nuova, abbi pietà di noi.

PREGHIERA UNIVERSALE

Celebrante. Preghiamo Dio, nostro Padre, perché ci guidi con la luce dello Spirito in questo cammino di conversione verso la Pasqua. Preghiamo insieme e diciamo:

Signore, ascolta la nostra preghiera.

  • Per la Chiesa sparsa nel mondo: fa’ che purificata da questo cammino di quaranta giorni possa giungere rinnovata a celebrare la Pasqua di Gesù, preghiamo.
  • Per i nostri governanti: si impegnino a costruire una società più giusta, umana, segnata dalla fraternità, preghiamo.
  • Insegnaci, Signore, in questo tempo di Quaresima, ad amare i nostri fratelli, soprattutto quelli che sono nella difficoltà e nella tristezza, preghiamo.
  • Ti preghiamo, Signore, per la nostra comunità: nell’ascolto della parola confermi le proprie scelte e trovi nuovo slancio pastorale per testimoniare senza paura la propria fede, preghiamo.

Celebrante. O Padre, fa’ che con la celebrazione di questa Quaresima giungiamo a una più profonda conoscenza del mistero del Signore Gesù e della nostra vocazione. Per Cristo nostro Signore.

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6. Vignetta di RobiHood – 21 febbraio 2021

21 febbraio

1ª DOMENICA DI QUARESIMA B

La Quaresima di Gesù

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Pubblicazioni di Roberto Benotti (RobyHood) presso Elledici:

Laudato sii

Ancilla Domini

Un anno straordinario

Sorrisi divini

I Love Francesco

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2. Letture e introduzioni – 14 febbraio 2021

14 febbraio

6ª DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Se vuoi, puoi purificarmi!

(Giornata mondiale del malato)

Un terzo del vangelo di Marco sono racconti di miracoli. Due li abbiamo ricordati nelle ultime domeniche: la guarigione di un indemoniato nella sinagoga di Cafarnao e quello della suocera di Simone. Per non parlare dei tanti ammalati che erano giunti al tramonto alla casa di Simone per essere guariti. Oggi Gesù guarisce un lebbroso, superando la paura di avvicinarlo, anzi di toccarlo.

PRIMA LETTURA

Il lebbroso se ne starà solo, abiterà fuori dell’accampamento.                

L’antico libro del Levitico traccia una linea di comportamento igienico-sanitario nei confronti degli ammalati di lebbra. Disposizioni severissime per la paura che incuteva questa terribile malattia.

 Dal libro del Levitico.                                                                                            Lv 13,1-2.45-46

Il Signore parlò a Mosè e ad Aronne e disse: «Se qualcuno ha sulla pelle del corpo un tumore o una pustola o macchia bianca che faccia sospettare una piaga di lebbra, quel tale sarà condotto dal sacerdote Aronne o da qualcuno dei sacerdoti, suoi figli.
Il lebbroso colpito da piaghe porterà vesti strappate e il capo scoperto; velato fino al labbro superiore, andrà gridando: «Impuro! Impuro!».
Sarà impuro finché durerà in lui il male; è impuro, se ne starà solo, abiterà fuori dell’accampamento».

Parola di Dio.

SALMO RESPONSORIALE                                                                    Dal Salmo 31 (32)

Il salmista celebra la gioia del perdono ricevuto. Anche il peccatore, come il lebbroso del Vangelo, presenta a Dio le piaghe della propria infedeltà e ottiene la liberazione.

Rit. Tu sei il mio rifugio, mi liberi dall’angoscia.

Beato l’uomo a cui è tolta la colpa
e coperto il peccato.
Beato l’uomo a cui Dio non imputa il delitto
e nel cui spirito non è inganno.

Ti ho fatto conoscere il mio peccato,
non ho coperto la mia colpa.
Ho detto: «Confesserò al Signore le mie iniquità»
e tu hai tolto la mia colpa e il mio peccato.

Rallegratevi nel Signore ed esultate, o giusti!
Voi tutti, retti di cuore, gridate di gioia!

 SECONDA LETTURA

Diventate miei imitatori come io lo sono di Cristo.                                                 

Paolo esorta tutti ad apprezzare la vita, le cose belle e le molte occasioni di gioia che ci offre. E a ringraziare Dio, rendendogli gloria nella vita di ogni giorno. A proposito della proibizione di mangiare le carni offerte agli idoli, afferma che ogni cristiano deve sentirsi libero di fronte a obblighi o a proibizioni come queste. Ma invita a farlo senza scandalizzare nessuno. 

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi.                                   1Cor 10,31−11,1

Fratelli, sia che mangiate sia che beviate sia che facciate qualsiasi altra cosa, fate tutto per la gloria di Dio.
Non siate motivo di scandalo né ai Giudei, né ai Greci, né alla Chiesa di Dio; così come io mi sforzo di piacere a tutti in tutto, senza cercare il mio interesse ma quello di molti, perché giungano alla salvezza. Diventate miei imitatori, come io lo sono di Cristo.

CANTO AL VANGELO         Lc 7,16

Alleluia, alleluia.

Un grande profeta è sorto tra noi, e Dio ha visitato il suo popolo.

Alleluia.

 VANGELO

La lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato.                                                     

Marco prosegue nel racconto dei miracoli di Gesù. Questa volta si tratta di un lebbroso. Gesù non ne ha paura, non lo tiene lontano e lo tratta con misericordia, restituendogli la salute.  

Dal vangelo secondo Marco.                                                                                      Mc 1,40-45

In quel tempo, venne da Gesù un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi purificarmi!». Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!». E subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato.
E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito e gli disse: «Guarda di non dire niente a nessuno; va’, invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro».
Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte.

Parola del Signore.

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3. Annunciare la Parola – 14 febbraio 2021


14 febbraio

6ª DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Se vuoi, puoi purificarmi!

PER RIFLETTERE E MEDITARE

Al tempo di Gesù la lebbra era una malattia terribile che faceva paura, e nella lettura tratta dal libro del Levitico abbiamo conosciuto le rigide disposizioni per preservare il popolo dal contagio. Il lebbroso doveva vivere in un luogo appartato lontano dalle abitazioni. Del resto, lo stesso lebbroso, vedendo la sua carne spaventosamente mangiata dalla malattia, era indotto a comportarsi come se fosse ormai morto. E per di più gli ebrei erano convinti che fossero dei peccatori, proprio perché colpiti da questa terribile piaga.

 Si avvicina un lebbroso
Inaspettatamente, la bella notizia dell’arrivo di Gesù e del suo messaggio d’amore arriva anche tra un gruppo di lebbrosi. Uno di loro ha il coraggio di avvicinarsi alla comitiva che accompagna Gesù, gli s’inginocchia davanti, facendogli vedere le sue piaghe, la situazione disperata in cui si trova. Il lebbroso che si accosta a Gesù sembra rappresentare tutti i disperati della terra. Gesù ne prova pena e non lo allontana, come imporrebbe la legge, ma si avvicina a lui e lo tocca, diventando lui stesso immondo. Ė mosso da compassione, forse per la durezza della legge, forse per l’orrore che ha provato di fronte allo sfacelo del corpo di quel povero sventurato.
Gesù manda il lebbroso dai sacerdoti perché confermino la sua guarigione. In questo caso Gesù rispetta la legge, ed era indispensabile per restituire piena dignità sociale a questo lebbroso ormai guarito.
Il miracolo avviene in uno straordinario clima di normalità. I maghi e i guaritori in ogni tempo compiono spesso gesti strani e vistosi, per far parlare di sé. Non così per Gesù, che si comporterà sempre con estrema semplicità. E dirà sempre di non divulgare il miracolo appena avvenuto. Ma, come sappiamo, quel lebbroso, come un morto che ritorna alla vita, allontanandosi si mette a divulgare il fatto.

Gli eroi tra i lebbrosi
Non si può oggi parlare di lebbra senza ricordare alcuni eroi che si sono distinti per l’amore vissuto verso questi ammalati. Ricordiamo oggi in particolare Padre Damiano, i salesiani don Michele Unia e il beato Luigi Variara, il giornalista francese Raoul Follereau.
Nel 1873 il medico e sacerdote belga padre Damiano (al secolo Jozef de Veuster), a 33 anni sbarcò nell’isola di Molokai, nelle Hawaii, dove si occupò dei lebbrosi, morendo lui stesso di lebbra nel 1889. È stato proclamato santo da papa Benedetto XVI nel 2009.
I piemontesi don Michele Unia (+ 1895) e don Luigi Variara (+ 1923) portarono solidarietà, gioia e musica tra i lebbrosi di Agua de Dios, in Colombia, tra difficoltà di ogni genere, tra cui l’emarginazione da parte dei loro stessi confratelli, che ne temevano il contagio. Il beato Luigi Variara fondò anche una congregazione di suore lebbrose, che non potevano essere accolte dalle altre congregazioni.
Il francese Raoul Follereau (1903-1977) si servì della sua professione di giornalista per far conoscere al mondo la situazione dei lebbrosi e per richiamare le grandi potenze a interventi di solidarietà. Ad Eisenhower, presidente Usa, e a Malenkov, presidente russo, chiese l’equivalente di un bombardiere B12. «Ne avete una quantità sterminata», scrisse. «Con il costo di due bombardieri potrei curare tutti i lebbrosi del mondo!».

La lebbra oggi
La lebbra oggi in gran parte è una malattia del passato. L’Organizzazione Mondiale della Sanità afferma che ci sono ancora circa 250 mila lebbrosi nel mondo, soprattutto in zone di povertà. Ma oggi tutti sanno che la lebbra non è una malattia più contagiosa di altre, e per guarire non occorrono medicine particolarmente impegnative.
Uno dei principali problemi che si presentano alla guarigione è il loro reinserimento nella società, specialmente in Asia, dove c’è ancora chi pensa che la malattia sia legata a una maledizione divina.
In Cina i governanti affermano falsamente di non avere più lebbrosi e trovano il modo di emarginarli. Ci sono organizzazioni benefiche che si occupano di loro, soprattutto dei loro figli, che nascono sani.
Le associazioni che soccorrono i lebbrosi costruiscono per loro casette, li avviano al lavoro dando loro animali da allevamento (capre, pecore, mucche), macchine da cucire per le donne.
Se nelle civiltà occidentali è scomparsa la lebbra, sono però comparse molte altre malattie che creano emarginazione sociale, come l’aids o l’alzheimer; e ogni cristiano è chiamato a un comportamento solidale, a condividere la sofferenza umana e a vincere l’emarginazione, così come ha fatto Gesù.

UN FATTO – UNA TESTIMONIANZA

Preghiera di Raoul Follereau per i lebbrosi. «Signore, insegnaci a non amare noi stessi, a non amare soltanto i nostri, a non amare soltanto quelli che amiamo. Insegnaci a pensare agli altri e ad amare in primo luogo quelli che nessuno ama. Signore, facci soffrire delle sofferenze altrui, facci la grazia di capire che, ad ogni istante, mentre noi viviamo una vita troppo felice, protetta da te, ci sono milioni di esseri umani, che sono pure tuoi figli e nostri fratelli, che muoiono di fame, senza aver meritato di morire di fame, che muoiono di freddo, senza aver meritato di morire di freddo. Signore, abbi pietà di tutti i poveri del mondo! Abbi pietà dei lebbrosi, ai quali tu così spesso hai sorriso quand’eri su questa terra, pietà dei lebbrosi che tendono verso la tua misericordia le mani senza vita, le braccia senza mani. E perdona noi di averli, per una irragionevole paura, abbandonati. E non permettere più, Signore, che noi viviamo felici da soli. Facci sentire l’angoscia della miseria universale, e liberaci da noi stessi. Così sia».

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4. Parola da Vivere – 14 febbraio 2021

14 febbraio

6ª DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Se vuoi, puoi purificarmi!

COMMENTO

Anche oggi ci sono molti «lebbrosi» per i motivi più diversi; sono gli emarginati, gli esclusi dalla vita. Gesù ha toccato il lebbroso, si è fatto vicino per compassione. Oggi tocca alla Chiesa e a ogni cristiano avvicinare con compassione i deboli, i bisognosi di ogni tipo, i migranti… per offrire loro una speranza di vita.
Nella vita e nella riflessione della Chiesa oggi si intrecciano in vari modi la libertà, le regole e la carità e a volte assistiamo, oppure ne siamo coinvolti, a dispute senza soluzioni. San Paolo ci offre due criteri che non risolvono tutti i contrasti, ma chiedono una profonda conversione interiore a tutti e a ciascuno: il primo è quello di pensare e agire, con il desiderio e la scelta di somigliare a Gesù; il secondo ribadisce il primato della carità, che si fa misericordia e compassione verso i più deboli, senza che si arrivi a credersi superiori agli altri.
Ascoltiamo un brano scarno ed essenziale, ma significativo nel vangelo di Marco. La lebbra era una malattia strana. In Israele poteva riguardare anche diverse malattie della pelle che non erano lebbra, per cui poteva anche esserci qualche guarigione spontanea. In ogni caso era regolata dalla Legge: chi veniva riconosciuto lebbroso doveva essere allontanato dalla comunità civile, per la paura del contagio, e da quella religiosa, per il suo legame stretto con il peccato. Il lebbroso era ritenuto una persona “punita” da Dio per chissà quale terribile colpa (Maria, sorella di Mosè, insieme ad Aronne, aveva mormorato contro di lui, ed era stata punita con la lebbra, da cui fu risanata per l’intercessione di Mosè stesso, dopo essere stata sette giorni fuori dall’accampamento). Il lebbroso era considerato un morto ambulante e contagioso.
Il brano presenta un lebbroso, probabilmente inguaribile, che ha sentito parlare di Gesù e si presenta con una fiducia chiara: Gesù può guarirlo. Egli crede nella potenza di Gesù, ma forse non conosce bene la sua misericordia, perché pensa che Gesù possa pretendere delle condizioni: «se vuoi». Potrebbe Gesù non volere? L’evangelista risponde al dubbio, sottolineando la compassione di Gesù e la sua decisione immediata, seguita da un gesto non consentito, ma che esprime il passaggio della vita nuova da Gesù al lebbroso: lo tocca. La morte civile e religiosa è vinta. La purificazione (guarigione dello spirito, prima che del corpo) è quindi frutto prima della compassione di Gesù e poi della sua potenza.
L’ex-lebbroso deve presentarsi al sacerdote, il quale, secondo la Legge, aveva il compito di verificare l’avvenuta guarigione e di consegnare il documento che consentiva il rientro nella comunità civile e religiosa, da cui era stato escluso.
Così Gesù fa rispettare la Legge al guarito, ma rende questo miracolo anche un segno per i sacerdoti. Infatti tutti sapevano che solo Dio ha il potere di guarire e purificare un lebbroso.
Fin qui tutto bene, ma ci sono due verbi che sicuramente ci suonano strani: «ammonendolo severamente, lo cacciò via…». Come si legano alla compassione e come si spiegano? Possiamo immaginare l’esultanza del guarito che mette in allarme Gesù: non vuole assolutamente che la gente lo veda solo come guaritore potente e anche come colui che può impadronirsi del potere politico e militare. Sembra quasi che qui Gesù voglia essere obbedito, ricorrendo alla severità.
Marco però, raccontando la disobbedienza del lebbroso purificato, può dare l’impressione di stare dalla sua parte: potremmo pensare che voglia dire ai suoi lettori cristiani, i quali col battesimo sono stati guariti dalla lebbra del peccato, che dovrebbero imitarlo nel proclamare la bontà del Signore.
Ma la disobbedienza è chiara. Allora forse più giustamente possiamo ritenere che anche l’evangelista, dopo Gesù, non approvi la propaganda della potenza di Gesù e, ancora di più, non condivida le iniziative individuali nell’evangelizzazione. Difatti poco dopo Gesù manderà gli apostoli in missione non da soli, ma a due a due con indicazioni precise.
E comunque questa disobbedienza, nota ancora Marco, procura a Gesù non pochi fastidi pratici e interiori: non può entrare in città e ha la netta sensazione che molti lo cerchino non per il Vangelo, ma per ottenere o vedere i miracoli. È sicuro che Gesù non cerca la fama, ma la fede.

SPUNTI PER L’ATTUALIZZAZIONE E LA PREGHIERA

  1. Siamo invitati a metterci nei panni del lebbroso e ci chiediamo: perché andiamo da Gesù? Cerchiamo la sua potenza che ci risolva i problemi o il suo amore che trasforma il nostro cuore?
  2. Il lebbroso teme che il Signore possa mettere delle condizioni per la guarigione. Non siamo noi a mettere delle condizioni alla nostra fede e al nostro amore verso Gesù, del tipo: «crederò e amerò, se tu…»?
  3. L’ex-lebbroso non obbedisce a Gesù e fa tutto da solo. Noi cristiani apparteniamo a una comunità di fede e di amore. Possiamo pensare di essere testimoni di Cristo prendendo le distanze dalla Chiesa, da qualche punto del suo insegnamento o dalle sue scelte pastorali?
  4. I lebbrosi di oggi hanno bisogno di qualcuno che abbia compassione. Il messia di oggi possono essere un po’ i singoli cristiani, ma molto di più le parrocchie, le comunità, i gruppi, le associazioni e i movimenti.

PROPOSTA DI IMPEGNO DELLA SETTIMANA

Conosco forse un «lebbroso» nel quartiere, nel condominio, tra i miei familiari? Il Signore ci invita a risvegliare la nostra compassione.


Tratto da: Messale delle domeniche e delle feste – Elledici – 2018

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5. Perdono e Preghiere dei Fedeli – 14 febbraio 2021

14 febbraio

6ª DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Se vuoi, puoi purificarmi!

RICHIESTA DI PERDONO

  • Signore Gesù, nostra luce, che rischiari le notti del mondo, abbi pietà di noi.
  • Cristo, amore infinito, che riscaldi il cuore di ogni uomo, abbi pietà di noi.
  • Signore Gesù, che ogni giorno ci sostieni nel nostro cammino, abbi pietà di noi.

PREGHIERA UNIVERSALE

Celebrante. Fratelli e sorelle, come il lebbroso anche noi oggi supplichiamo il Signore, perché liberi l’umanità da ogni occasione di emarginazione e di esclusione. Preghiamo insieme e diciamo:

O Signore, ascolta la nostra preghiera.

  • Per la Chiesa, perché si mostri attenta e solidale verso coloro che soffrono nel corpo e nello spirito, preghiamo.
  • Perché ai malati di lebbra, ancora presenti in molte regioni del mondo, non manchi mai la solidarietà internazionale e delle istituzioni, preghiamo.
  • Per la nostra comunità, perché sia animata da un vivo senso di appartenenza ed elimini ogni forma di divisione e ogni privilegio e particolarismo, preghiamo.
  • Per noi, presenti a questa Eucaristia, perché la preghiera del lebbroso e la bontà di Gesù nei suoi confronti ci insegnino la condivisione verso chi vive una situazione di sofferenza e di emarginazione, preghiamo.

Celebrante. O Padre, sostenuti dalla forza della tua parola e dall’esempio del tuo Figlio Gesù, fa’ che ti rendiamo gloria con la nostra testimonianza e la generosità del nostro servizio. Per Cristo nostro Signore.

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6. Vignetta di RobiHood – 14 febbraio 2021

14 febbraio

6ª DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Se vuoi, puoi purificarmi!

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Pubblicazioni di Roberto Benotti (RobyHood) presso Elledici:

Laudato sii

Ancilla Domini

Un anno straordinario

Sorrisi divini

I Love Francesco

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Recensione del libro “Incarnazione digitale” di Luca Peyron

Incarnazione digitale

Custodire l’umano nell’infosfera

Il 5 febbraio scorso, il magazine Vita (mensile dedicato al racconto sociale, al volontariato, alla sostenibilità economica e ambientale e, in generale, al mondo non profit) ha dedicato un articolo al libro “Incarnazione digitale” di don Luca Peyron, edito da Elledici. Di seguito la recensione con l’intervista all’autore, a cura di Marco Dotti.

La sfida dell’incarnazione digitale: custodire l’umano nell’infosfera
di Marco Dotti 05 febbraio 2021

La tecnologia non è un semplice mezzo, ma uno strumento performativo: mentre la usiamo ci cambia. Per questo, come ha più volte esortato Papa Francesco, è importante riflettere su ciò che sta a monte, oltre che sulle conseguenze e gli effetti del digitale sulla nostra vita. L’esperienza torinese dell’apostolato digitale

«L’ambiente digitale rappresenta per la Chiesa una sfida su molteplici livelli; è imprescindibile quindi approfondire la conoscenza delle sue dinamiche e la sua portata dal punto di vista antropologico ed etico», con queste parole Papa Francesco ha chiamato allo sforzo congiunto per disegnare un futuro che tenga conto della trasformazione in cui siamo immersi. Una nuova realtà che, già nei primi anni Settanta, venne definita “infosfera” e oggi riguarda tutti.

Don Luca Peyron studia da anni l’infosfera, tema a cui ha dedicato anche un bel libro (Incarnazione digitale. Custodire l’umano nell’infosfera, Elledici, 2019). Ha un passato da consulente legale in proprietà industriale, è docente di teologia e ha avuto un ruolo di primo piano nella candidatura di Torino come Centro italiano per l’Intelligenza Digitale. Da due anni, Peyron coordina il Servizio per l’Apostolato Digitale dell’Arcidiocesi di Torino che si occupa proprio della connessione tra infosfera, ambiente digitale e fede. Un servizio che suscita interesse crescente. Ne parliamo con lui.

C’è una differenza tra pastorale digitale e apostolato?
C’è una differenza sostanziale tra pastorale digitale e apostolato digitale. Fare un blog religioso, costruire un sito internet per la parrocchia, diffondere via social un bollettino religioso sono un modo di fare pastorale servendosi del digitale. L’apostolato digitale, invece, è un servizio nato all’interno della pastorale universitaria della Diocesi di Torino e ha come senso, significato e obiettivo quello di pensare la trasformazione digitale.

Un nuovo approccio dunque?
Ci siamo posti il problema di pensare la trasformazione ad intra e ad extra di tutto ciò che è digitale – dall’Intelligenza Artificiale alle piattaforme fino alla blockchain – rispetto all’aver fede, rispetto a incontrare Dio, rispetto ad avere un vita ecclesiale. Ad intra, il tema dell’apostolato digitale si interroga dunque su come la trasformazione digitale incide sul fatto credente. Ad extra, ci si interroga su cosa la Chiesa ha da dire rispetto al mondo e alla società nel suo complesso in relazione a questi temi: che tipo di contributo, a partire dalla teologia spirituale fino al Magistero, dal Vangelo all’esperienza delle comunità. la Chiesa può dare per la comprensione di quanto sta accadendo. Partendo, ovviamente, dal presupposto che la trasformazione digitale sta cambiando la società, l’essere umano, le relazioni tra le persone, quelle istituzionali e d’impresa. L’apostolato digitale non si pone, dunque, solo il tema di come annunciare il Vangelo in un mondo che cambia, ma anche di come capire il mondo che cambia.

Come nasce l’apostolato digitale?
Nasce da una provocazione dei padri sinodali durante il Sinodo sui giovani prima e del Santo Padre poi, che hanno insistito sul fatto che la Chiesa si interroghi su questi temi.

Il suo libro ha un sottotitolo avvincente: incarnazione digitale…
Questo libro nasce da un’esperienza personale: mi occupo di questi temi – insegno teologia all’Università Cattolica di Milano, alla Statale di Torino e presso IUSTO – università salesiana sempre di Torino – da tempo e ho cercato di mettere per iscritto quanto insegnavo. L’ho fatto per cominciare a mettere un po’ parola su questi temi, a partire da un concetto di fondo: l’infosfera.

L’infosfera è la globalità delle informazioni che, in qualche modo, ci avvolge e determina sempre di più le nostre posture esistenziali. Incarnazione digitale significa che a partire dal mistero dell’incarnazione di Cristo, in ogni epoca i cristiani si devono interrogare sui segni dei tempi e come, in quel determinato momento della storia, le persone vivono la loro esperienza di vita e di fede. Questo perché nella loro esperienza di vita e di fede, e solo in quella, può maturare l’incontro concreto e reale con Cristo. L’operazione che tentiamo di fare è riflettere su questi temi portando il nostro contributo.

Come lavorate concretamente?
Lavoriamo in équipe, cercando di intercettare soprattutto i giovani. Abbiamo un laboratorio interconfessionale, Rerum Futura, che mette insieme giovani cattolici, ebrei e musulmani per riflettere sul digitale.

L’aspetto della sfida include quello dei rischi, mi riferisco in particolare ai temi antropologici. Dalla trasformazione digitale potrebbero uscire antropologia nuove, inedite, forse incompatibili con la nostra visione del mondo…
Il rischio maggiore che rilevo, per quanto riguarda la Chiesa, sarebbe non accorgersi di quanto sta succedendo e, mi permetto di dire, di quello che è già successo… da tempo. Rischiamo di continuare a annunciare il Vangelo a un essere umano che, semplicemente, non esiste più. Quando Papa Francesco nel 2015, a Firenze, ricordava che il mondo è cambiato… Aveva chiesto agli studenti e alle università di mettersi insieme e provare a riflettere sul cambiamento. A Torino abbiamo rimodulato la Pastorale universitaria, a partire da quel discorso di Papa Francesco.

Il Concilio Vaticano II parla continuamente di «condizione umana». Ecco, la condizione umana sta cambiando. è diventata una condizione digitale e digitalizzata. Dobbiamo riflettere su questo aspetto, partendo anche da una considerazione personale: il grosso rischio che vedo – parlo dei pastori, dei catechisti, degli animatori – è non cogliere una trasformazione in cui siamo immersi. Una trasformazione che ha cambiato anche noi. Continuiamo a ripetere in modo rituale parole, frasi, atteggiamenti… ma quelle parole hanno una risonanza diversa rispetto a pochi anni fa.

Un esempio?
Durante il lockdown abbiamo assistito a una “ligurgodemia”… Un uso massivo di strumenti social non pensata. Ci siamo persi la presenza reale di Cristo in tre mesi… pur di andare su Facebook. Una questione enorme, tant’è che il Papa a Santa Marta ad un certo punto ha detto: fermiamoci e riflettiamo!

C’è stata una “grande abbuffata” di social…
Più che un’abbuffata, è stata la scoperta di un nuovo mondo senza che ci si rendesse conto di come la tecnologia digitale non è uno strumento neutro. La tecnologia è uno strumento performativo: nell’usarla, ci cambia.

Qualcosa, però, sta cambiando?
Credo che questo tempo sia uno straordinario kairos che la Provvidenza ci ha regalato. Lo stordimento rispetto a quello che è successo è globale ed è planetario. Questo significa che, oggi, la Chiesa ha la possibilità di mettere parola su questi temi con una saggezza, una lungimiranza e una capacità progettuale e profetica che difficilmente ritroviamo in altri soggetti istituzionali e non. Negli ultimi duecento anni ci siamo disabituati, ma nei precedenti milleottocento abbiamo passato i nostri giorni a guarda al tempo che verrà e all’umano che verrà. Vorrei andare a San Giovanni Bosco e al suo insegnamento: quando pensò l’oratorio, lo pensò con alcuni pezzi che continuano nell’oggi, tra questi l’aula.

L’aula di catechismo?
No! L’aula era il luogo in cui i giovani venivano invitati a pensare. Questo è il pezzo che, da un lato, un po’ ci manca. Ma è anche il pezzo che, d’altra parte, possiamo oggi mettere a sistema. È il pezzo che la società ci chiede. C’è un vinto pressante: che cosa pensare e come pensare tutto questo.

L’epoca digitale cambia la percezione dello spazio, del tempo e del corpo. Infonde un senso di espansione di sé che sembra non incontrare più limiti e l’omologazione si afferma come criterio prevalente di aggregazione: riconoscere e apprezzare la differenza diventa sempre più difficile

Papa Francesco

Torino, oggi, è centro italiano per l’Intelligenza Artificiale…
Ed è proprio un’occasione straordinaria di pensiero e di condivisione di pensiero. Quello che la Chiesa ha da dire sull’essere umano da sempre sta suscitando un interesse del tutto nuovo. Dalla Chiesa molti si aspettavano un atteggiamento di tipo moralistico rispetto ad alcune cose, invece il semplice fatto di articolare un pensiero non moralistico, ma che cerca di proporre un’antropologia, una filosofia, una visione economico-politica delle cose… è visto con interesse e stupore.

Come se lo spiega?
Questa visione, ovviamente, si radica nel Vangelo ma per la nostra società non era più considerata quindi risulta spesso nuova. L’effetto che genera, però, è dirompente: ha aperto una nuova capacità e possibilità di dialogo imprevedibili solo pochi anni fa. Con la nostra équipe siamo invitati negli ambiti più disparati per portare il nostro pensiero. C’è una richiesta di pensiero, anzi: del nostro pensiero in tutti gli spazi. Questo non significa occupare nuovi spazi. Significa essere là dove nascono nuovi processi e dove vengono iniziati filoni di ricerca molto importanti. Questo comporta per noi una nuova responsabilità etica e civile.

La sfida sulle tecnologie è complessa…
Come tale può essere affrontata solo in modo sinodale: facendo le cose assieme, pensandole trasversalmente. Teologie e sguardi differenti vanno messi assieme e a sistema. Non farlo, significa sconnettere lo spirito dalle opere.

Dobbiamo passare dalla connessione alla relazione…
Sono convinto che la trasformazione digitale permetta di far diventare globale il locale. Il Concilio ci ha insegnato che bisogna insistere sul locale. Ma il locale, oggi, può diventare globale: la trasformazione digitale ci restituisce la possibiltà di restituire e raccontare la nostra azione, dopo aver lavorato e raccontato il nostro pensiero. La trasformazione digitale riconnette pensiero e azione e ci permette, così, di intervenire fattivamente nelle cose del mondo. Senza lasciare che ci travolgano.

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